(scritto per Catalunya Cristiana)
Al giorno d’oggi non c’è compito più difficile di quello di essere responsabili dell’educazione nella fede cristiana dei bambini. Spesso le difficoltà che si trovano in questo cammino finiscono per far delegare questa missione ad altre persone, come per esempio alle catechiste della prima comunione o in qualche caso alla scuola.
Oggi c’è bisogno di riaffermare con urgenza il valore fondamentale che gioca la famiglia nell’educazione cristiana dei bambini, incarnata in quella “nuova evangelizzazione” che ci ha raccomandato Giovanni Paolo II. Il primo nucleo dove il bambino esperimenta la gioia di una vita nella fede e l’esperienza di Dio come Padre amorevole dovrebbe essere l’ambiente familiare, dove si forma la sua coscienza, il suo carattere e la sua attitudine di fronte alla vita. Non si può risolvere la questione con qualche sermone o partecipando alle feste religiose comandate; c’è bisogno ogni volta di più dei genitori, maestri ed educatori compromessi con un senso cristiano della vita, affinché i bambini non solo possano ricevere informazioni sopra Gesù ma soprattutto possano “respirare” la presenza dell’ Emmanuele, del Dio con noi. Essere padre o educatore non è semplicemente un compito: è principalmente una vocazione alla quale Dio ci chiama, una missione che dobbiamo ri-scoprire per poter essere evangelizzatori attivi con i nostri piccoli.
Le chiavi per educare nella fede i bambini si ritrovano nell’assumere questo ruolo vocazionale e nel sentirsi responsabili dell’ambiente nel quale il bambino si muove, cresce ed esperimenta. Se noi come cristiani siamo chiamati ad essere immagine viva dell’amore di Dio, ancora di più dobbiamo trasmettere questo senso della vita: essere amorosi, comprensivi, presenti, fermi in ciò che è necessario e flessibili in ciò che è convenzionale, essere delle guide nel cammino senza schiacciare o proiettarci in loro, affinché possano esperimentare la libertà di essere figli di Dio. In questo grande compito condiviso, è opportuno permettere che i bambini abbiano il loro tempo per assimilare e crescere. Ogni cosa tiene il suo tempo e non tutti i bambini rispondono allo stesso modo; ognuno di loro è unico e richiede un avvicinamento “unico”.
Si hanno bisogno di persone capaci di svegliare nei bambini la loro parte trascendente, per esempio attraverso i racconti e le storie della stessa Bibbia (Sansone, Davide, Gesù), per accendere in loro la scintilla della fede. Loro, i bambini, sono capaci di captare ciò che a volte sfugge alla comprensione dei teologi: il significato del sacro, il coraggio, il sacrificio, la lealtà, i rituali e perfino la drammaticità di alcune scelte della vita, resteranno impresse e formeranno la loro futura visione delle cose. Gesù lo ha detto esplicitamente: “Di quelli come loro è il Regno dei Cieli” (Mt 19:14).
E’ conveniente ricordare una frase assai opportuna di Giovanni Paolo II: “per il bambino appena c’è distinzione tra la madre che prega e la preghiera: soprattutto, la preghiera possiede un valore speciale perché prega la madre”. Il nostro amore, la nostra coerenza, il nostro esempio di vita cristiana e il nostro coraggio nello sfidare i metodi e i valori della società, sono il miglior passo per creare nei bambini una predisposizione all’azione di Dio.Al giorno d’oggi non c’è compito più difficile di quello di essere responsabili dell’educazione nella fede cristiana dei bambini. Spesso le difficoltà che si trovano in questo cammino finiscono per far delegare questa missione ad altre persone, come per esempio alle catechiste della prima comunione o in qualche caso alla scuola.
Oggi c’è bisogno di riaffermare con urgenza il valore fondamentale che gioca la famiglia nell’educazione cristiana dei bambini, incarnata in quella “nuova evangelizzazione” che ci ha raccomandato Giovanni Paolo II. Il primo nucleo dove il bambino esperimenta la gioia di una vita nella fede e l’esperienza di Dio come Padre amorevole dovrebbe essere l’ambiente familiare, dove si forma la sua coscienza, il suo carattere e la sua attitudine di fronte alla vita. Non si può risolvere la questione con qualche sermone o partecipando alle feste religiose comandate; c’è bisogno ogni volta di più dei genitori, maestri ed educatori compromessi con un senso cristiano della vita, affinché i bambini non solo possano ricevere informazioni sopra Gesù ma soprattutto possano “respirare” la presenza dell’ Emmanuele, del Dio con noi. Essere padre o educatore non è semplicemente un compito: è principalmente una vocazione alla quale Dio ci chiama, una missione che dobbiamo ri-scoprire per poter essere evangelizzatori attivi con i nostri piccoli.
Le chiavi per educare nella fede i bambini si ritrovano nell’assumere questo ruolo vocazionale e nel sentirsi responsabili dell’ambiente nel quale il bambino si muove, cresce ed esperimenta. Se noi come cristiani siamo chiamati ad essere immagine viva dell’amore di Dio, ancora di più dobbiamo trasmettere questo senso della vita: essere amorosi, comprensivi, presenti, fermi in ciò che è necessario e flessibili in ciò che è convenzionale, essere delle guide nel cammino senza schiacciare o proiettarci in loro, affinché possano esperimentare la libertà di essere figli di Dio. In questo grande compito condiviso, è opportuno permettere che i bambini abbiano il loro tempo per assimilare e crescere. Ogni cosa tiene il suo tempo e non tutti i bambini rispondono allo stesso modo; ognuno di loro è unico e richiede un avvicinamento “unico”.
Si hanno bisogno di persone capaci di svegliare nei bambini la loro parte trascendente, per esempio attraverso i racconti e le storie della stessa Bibbia (Sansone, Davide, Gesù), per accendere in loro la scintilla della fede. Loro, i bambini, sono capaci di captare ciò che a volte sfugge alla comprensione dei teologi: il significato del sacro, il coraggio, il sacrificio, la lealtà, i rituali e perfino la drammaticità di alcune scelte della vita, resteranno impresse e formeranno la loro futura visione delle cose. Gesù lo ha detto esplicitamente: “Di quelli come loro è il Regno dei Cieli” (Mt 19:14).
E’ conveniente ricordare una frase assai opportuna di Giovanni Paolo II: “per il bambino appena c’è distinzione tra la madre che prega e la preghiera: soprattutto, la preghiera possiede un valore speciale perché prega la madre”. Il nostro amore, la nostra coerenza, il nostro esempio di vita cristiana e il nostro coraggio nello sfidare i metodi e i valori della società, sono il miglior passo per creare nei bambini una predisposizione all’azione di Dio.
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