E’ interessante trattare il caso di Eugenio Zolli, il capo rabbino di Roma durante la guerra che si convertì al cattolicesimo, per capire più a fondo alcune dinamiche relative all’ostracismo ebraico verso Pio XII e sull’assolutismo dell’Olocausto come nuovo sistema di valori universalmente condiviso.
Eugenio Zolli, prima capo della comunità di Trieste e successivamente di quella romana dal 1940, era figlio di una famiglia polacca benestante, e sua madre veniva da una famiglia di rabbini da oltre quattro secoli. Come rabbino capo di Roma mise in guardia le varie comunità d’Italia del pericolo dell’Alleanza italo-tedesca, mentre tra le comunità ebraiche del tempo esistevano collegamenti con l’OVRA (la polizia segreta fascista) che rassicurava le comunità che non c’era niente da temere, non prendendo in considerazione le preoccupazioni di Zolli.
Il fatto miracoloso, la sua conversione, è frutto di una storia profonda. Già da bambino, Zolli rimaneva turbato alla vista del crocifisso che più tardi avrebbe identificato nel servo sofferente di Isaia. Egli racconterà successivamente nel suo libro “Before the dawn” due episodi centrali per la sua conversione. Il primo nel 1918 quando mentre scriveva un articolo dovette deporre la penna e come in trance cominciò ad invocare il nome di Gesù, fino a vederlo come in un quadro senza cornice sul muro della sua stanza. Il secondo e decisivo fu nel 1944 durante la cerimonia dello Yom Qippur dove lui stesso presiedeva la preghiera:
“Mi sentivo lontanissimo dal rito e lasciai che gli altri continuassero per loro conto a recitare le preghiere e a cantare. Non avvertivo né gioia né dolore; ero privo di pensieri e di sensazioni. Il cuore era come morto nel petto (...) E proprio allora vidi con gli occhi della mente un prato che si estendeva verso l’alto, luccicante d’erba ma senza fiori. In questo prato vidi Gesù Cristo vestito d’un mantello bianco, e dietro il suo capo il cielo azzurro. Provai la più grande pace interiore... Circa un’ora dopo, mia moglie, mia figlia e io eravamo finalmente a casa per la cena. Quando fui stanco mi ritirai nella mia camera da letto. La porta della stanza di mia figlia era chiusa. Ad un tratto mia moglie mi disse: “Oggi mentre stavamo davanti l’arca della Torah mi è parso come se un’immagine bianca di Gesù ti mettesse le mani sul capo nell’atto di benedirti”. Fui sbalordito ma rimasi calmissimo, e finsi di non aver capito. Mia moglie allora mi ripeté ciò che aveva detto, parola per parola. In quello stesso momento udimmo la nostra figlia minore, Myriam, che chiamava da lontano: “Papà!”. Andai nella sua stanza. “Che c’è?” le domandai. “Stavate parlando di Gesù Cristo” rispose. “Sai, papà, ho sognato che vedevo un Gesù altissimo, ma non ricordo che cosa succedeva dopo (…) Fu pochi giorni dopo questi fatti che mi dimisi dal mio posto nella comunità israelitica e mi rivolsi ad un umile prete per farmi istruire. Ci fu un intervallo di alcune settimane, dopo di che, il 13 febbraio, ricevetti il sacramento del Battesimo ed entrai a far parte della Chiesa cattolica, Corpo Mistico di Gesù Cristo”. (1)
Zolli, la moglie e la figlia si convertirono e ricevettero il battesimo il 13 febbraio 1945. Il ruolo di Pio XII nella conversione di Zolli fu assai importante: come gesto di riconoscenza e di gratitudine egli prese il nome di Eugenio, proprio come quello di Papa Pacelli.
Zolli riconosceva al Papa il gravoso lavoro svolto durante l’occupazione dell’Italia da parte dei nazisti a partire dall’8 Settembre del 1943. Tanto apprezzò l’impegno del Santo Padre che celebrò nel luglio 1944 una cerimonia radiotrasmessa per esprimere la riconoscenza degli Ebrei verso Pio XII e il suo impegno per salvaguardare il maggior numero di vite degli ebrei e dei perseguitati della guerra. Zolli volle lasciare discretamente la comunità ebrea e rassegnò le dimissioni per ricevere il battesimo in forma privata. Ben presto però la notizia della conversione del capo rabbino di Roma si diffuse in tutto il mondo e per Zolli la vita divenne presto impossibile.
“Si susseguivano le telefonate da parte degli antichi correligionari, piene di insulti e di minacce... Non mancarono alcuni che cercarono di gettare fango sulla persona di Zolli... era urgente un trasferimento... la moglie e la figlia furono ospitate in un convento di suore e il prof. Zolli fu accolto nell’Università Gregoriana”. (2)
Anche dopo molti anni dai fatti, Zolli continuava a ricevere proposte da ebrei facoltosi per ritrattare la sua conversione in cambio di denaro. (3)
La storia di Zolli, un San Paolo dei nostri tempi, continua suscitando nel popolo ebraico oblio, sdegno ed ira. Una conversione cosi netta e semplice nella sua complessità farà esclamare a molti ebrei dell’epoca di aver covato una serpe nel proprio seno (4), arrivando a maledire il suo nome e cercando di infangare la sua memoria. Anche da parte cattolica il nome di Zolli risulta ingombrante a volte in quanto nel nome del dialogo con i “fratelli maggiori” questo nome provoca imbarazzo e a volte è parso più conveniente soprassedere sulla sua figura. Ma soprattutto mi sembra lampante la relazione tra l’antica avversione a Zolli e il moderno ostracismo verso la figura di Pio XII da parte di Israele e del popolo ebraico. Simbolo della discordia è l’iscrizione allo Yad Vashem dove Pio XII è collocato tra coloro che non fecero abbastanza per assicurare la salvezza del maggior numero di ebrei. Il suo silenzio è la sua colpa.
Una presentazione di un falso storico di tali dimensioni, deve avere una motivazione ben più profonda per essere perseguita cosi tenacemente. Da tempo gli storici più rigorosi hanno apportato una quantità incredibile di dati, discorsi, lettere, documenti del tempo in cui si mostra l’alacre impegno del Papa per la fine della guerra e per la salvezza degli ebrei. L’Associazione “Pave the Way” ha fatto di questa ricerca storica un motivo della sua esistenza (5), documentando l’impegno del Vaticano per la pace e per il risparmio del maggior numero di vite, comprese quelle ebraiche.
Un tale accanimento ha due motivi. Il primo è indiretto: negando i meriti di Pio XII si disconosce in qualche modo il suo figlio spirituale prediletto, ovvero quell’Eugenio Zolli, scandalo per la comunità ebraica del tempo e dell’attuale. In secondo è più diretto: non è possibile salvare qualcuno dalla colpa universale di aver partecipato all’Olocausto, tantomeno la Chiesa Cattolica. Questa colpa e questo senso di responsabilità collettiva deve trascendere la storia, i fatti, le persone. Noi ancora oggi siamo partecipi di questa colpa universale che ha colpito l’umanità. Nella teologia dell’Olocausto non esiste la salvezza. Si è colpevoli, a prescindere se si è fatto o no qualcosa per evitare il dramma. E’ la colpa eterna, e l’unica salvezza è una memoria ossessiva del dramma.
Dimenticare Zolli e screditare Pio XII per riaffermare che l’Olocausto è “il valore centrale per il fondamento morale della fede religiosa”. (6)
Benedetto XVI sta ritardando la beatificazione del suo predecessore Pio XII, come conferma Padre Gumpel, relatore della causa di beatificazione, per timore di una rottura con gli ebrei (7).
Per tutti questi motivi, quella di Zolli, non è solo una straordinaria conversione; è la liberazione dalla colpa collettiva grazie alla restaurazione della Verità.
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1)S. Waagenaar, Il ghetto sul Tevere. Storia degli Ebrei di Roma, Mondadori, Milano, 1972, pagg. 366-368
2)P. Dezza S. J., Eugenio Zolli: Da Gran Rabbino a testimone di Cristo (1881-1956), in “La Civiltà Cattolica”, 21 febbraio 1981, pag. 343-344
3)http://www.doncurzionitoglia.com/casozolli.htm
4)P. Dezza, op.cit., pag. 343
5)http://www.ptwf.org/
6)http://www.ansa.it/web/notizie/collection/rubriche/mondo/2009/04/16/visualizza_new.html_818853870.html
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