martedì 9 novembre 2010

Il marxismo come agente distruttore della famiglia


Dal punto di vista politico, si può dire che il marxismo è stato sconfitto nel 1989, più di venti anni fa. Morto come sistema di governo, è diventato subdolamente un motore culturale fondamentale della civiltà occidentale, opulenta e capitalista. Paradosso della storia ma non paradosso ideologico, perché le due ideologie sovrane del dopo guerra (capitalismo e marxismo) partono da una concezione antropologica dell’uomo che in fondo lo degrada e lo denuda della sua trascendenza. Oggi si potrebbe proclamare il marxismo come vincitore della post-modernità perché è riuscito grazie al suo trasformismo dialettico a riciclarsi perfettamente, arrivando ad impossessarsi in modo mellifluo delle coscienze del popolo, i nuovi proletari, diventati il modello dell’ “uomo nuovo” sognato da Marx, ormai incapaci di una rivoluzione ma sicuramente fedeli ai dettami del pensiero unico edonista e materialista. Ci si potrebbe chiedere dove risiede tutto questo potere della cultura marxista nel mondo moderno, e la domanda sarebbe lecita, considerando che il movimento comunista nel mondo è formato da pochi sparuti nostalgici affezionati a Lenin. Per rispondere a questa domanda dobbiamo indagare sul metodo marxista e poi cercheremo di applicarlo a un caso particolare, che è la famiglia. Il marxismo si configura come noto sul materialismo dialettico: il che significa che tutto è materia in continua evoluzione che forma la realtà e l’uomo. Ogni elemento trascendentale è totalmente escluso dall’analisi marxista perché incorretto e fuorviante. Applicando questo principio alla storia si ottiene ha che la storia umana è dettata dall’economia e quindi dalla storia di classi sociali ed economiche che entrano in lotta tra di loro in un processo di rottura e discontinuità inevitabile. La contrapposizione dialettica e la trasformazione rivoluzionaria sono il motivo ultimo della società; l’unica azione ammissibile e fine ultimo del comunismo è la rivoluzione permanente. Tutta la società è posta in lotta nelle sue apparenti alterità (ricchi-poveri,uomo-donna, figli-genitori, proletari-borghesi, uomo-terra, uomo-Dio) per giungere alla sintesi finale, che ci assicura Marx è il paradiso in terra. Il povero (proletario) è la leva per questo sollevamento e per la creazione dell’uomo nuovo; il suo risentimento è la forza che distruggerà la vecchia struttura che mantiene l’uomo schiavo ed oppresso. Karol Wojtyla lo spiegherà con parole mirabili: “Il marxismo si mette dalla parte del povero Lazzaro contro il ricco Epulone per combattere a Cristo” (1): in sintesi è il meccanismo dell’invidia e del risentimento a permettere la ribellione del povero verso il Dio ingiusto che nella sua provvidenza lo ha privato dei beni necessari che ha dato ingiustamente ad altri.

Questa sbrigativa digressione è necessaria per affrontare il problema. Poiché ogni valore morale decade di fronte all’azione da prendere, per il marxismo non esiste bene da raggiungere, da amare o da realizzare ma solo l’azione che si deve compiere. Non c’è un fine al quale avvicinarsi, ma solo la continua necessità dell’azione. Il raggiungimento del “paradiso in terra” è il fine del marxismo e rivela in definitiva un’intrinseca contraddizione, perché rappresenterebbe un raggiungimento di uno stato apprezzabile (quindi perfetto) che negherebbe la dialettica marxista fondamentalmente evoluzionista. Adattare questo pensiero alla cultura significa gettare l’essere umano in una società continuamente in tensione verso la disgregazione in ottica a un nuovo ordine che non arriverà mai, e che sarà solo disgregazione e disordine.

Applicato alla società moderna, è’ la base per il pullulare delle opinioni, figlio della democrazia e del relativismo, che è la garanzia perfetta affinché la società sia un miscuglio di interessi microscopici e sensibili in continua lotta tra di loro. Questo modo di procedere risulta chiarissimo nella concezione moderna della famiglia e sulla recente legislazione in materia.

Le tesi marxiste sulla famiglia sono racchiuse nel libro “Tesi su Feuerbach” scritto da Marx nel 1845 e nel saggio di Engels “L’origine della famiglia, la proprietà privata e lo Stato” del 1884. Marx afferma che se l’ ”origine della famiglia celestiale non è nient’altro che la famiglia terrena, quella umana, è proprio a questa a che bisogna distruggere” (2); cosciente della relazione tra la paternità divina offerta dal cristianesimo e del suo riflesso terreno che è la famiglia umana, Marx punta direttamente alla distruzione del matrimonio come struttura per distruggere indirettamente il suo fondamento trascendente. Nell’altro libro citato, Engels passa in rassegna varie civiltà umane in cui la monogamia non sarebbe apparsa e nega così che il matrimonio tra uomo e donna sia l’istituzione umana naturale. Attraverso l’analisi dialettica che sopra abbiamo menzionato, l’uomo e la donna si trovano in una profonda antitesi, in cui il primo è rappresentante del potere borghese mentre la seconda della sottomissione del proletariato. L’indissolubilità del matrimonio è contestata da Engels attraverso la sua analisi materialista della realtà: l’amore coniugale si fonderebbe unicamente sul desiderio sessuale che è incostante e dimostra come l’indissolubilità del matrimonio sia contraria alla natura dell’essere umano. Il matrimonio è quindi la prima “oppressione di classe” da cui la donna deve liberarsi, entrando nel mondo della produzione sociale e lasciando l’economia domestica che include anche l’educazione dei figli. Infatti, l’economia domestica non è produttiva e deve diventarlo con l’incorporazione della donna nel lavoro produttivo che la libera dalla sottomissione al marito e dal giogo del matrimonio indissolubile. La liberazione dalla maternità sarà offerta con i metodi di contraccezione e in ultima istanza dall’aborto. Inoltre la famiglia dove si realizza il desiderio del padre di lasciare i propri beni ai figli, ed è quindi il luogo del trionfo dell’ideologia del capitalismo e della conservazione della ricchezza. La nuova famiglia sarà una non-famiglia, in cui l’educazione spetterà allo Stato e il rapporto tra uomo e donna si ridurrà alla mera riproduttività. Il marxismo punta alla donna per arrivare alla distruzione della famiglia sostenendo inizialmente l’innaturalitá della monogamia (quindi la promiscuità e la poligamia), e poi attaccando l’indissolubilità del matrimonio, offrendo alla donna il suo cammino di liberazione rivoluzionaria al di fuori dalla famiglia e dal matrimonio.

Concludendo, ci troviamo di fronte a un classico esempio di dialettica marxista: la tensione tra uomo e donna si incarna nel matrimonio come primo luogo d’oppressione. La famiglia per essere una partecipazione della paternità divina, di cui la famiglia di Nazareth è l’esempio perfetto, deve essere distrutta partendo dall’unico soggetto potenzialmente rivoluzionario perché sfruttato: la donna. In questo modo l’entrata della donna nel lavoro produttivo è il cammino di liberazione materiale dal marito prima e dalla maternità dopo. Si nega in questo modo la natura stessa del matrimonio ordinato alla donazione mutua dei contraenti e alla procreazione e all’educazione dei figli. Si capisce un po’ meglio adesso, come questa ideologia abbia permeato la società attuale: diritto al divorzio, diritto all’aborto, donne in carriera senza figli né marito, unioni illegittime ed innaturali che chiedono il riconoscimento pubblico del vizio privato, e genitori che aspettano che la scuola educhi i propri figli invece che farlo loro come spetterebbe. Viviamo in una democrazia relativista e culturalmente marxista: i frutti sono ormai ben maturi.

-----------------------------------------------------

1) Francisco Canals, Mundo Historico y reino de Dios, Edizioni Scire, 2005, p.103. Traduzione dall’originale in spagnolo dell’autore.

2) Citazione di Marx, “Tesis sobre Feuerbach” da José Mª Petit Sullá, “La destrucción de la familia por el marxismo”, rivista Verbo, nº329-330, 1994. Traduzione dall’originale in spagnolo dell’autore. Testo completo disponibile qui: http://orlandis.org/doc/042.htm

mercoledì 1 settembre 2010

Dall'aborto alla vita: la storia del Dr. Bernard Nathanson


Il Dottor Bernard Nathanson è un uomo coraggioso. Nato e cresciuto in una famiglia ebrea, è stato tra i tre fondatori della National Abortion Right Action League nel 1968, che ha promosso negli Stati Uniti la causa dell’aborto, spingendo al suo riconoscimento legale e la sua accettazione nella società con gli argomenti classici delle posizioni abortiste, come l’eliminazione degli aborti clandestini, il diritto della donna sul suo corpo, l’assenza di vita nel ventre della madre. Ma soprattutto è stato autore materiale di 75.000 aborti nella sua carriera da medico, praticati in tutti i mesi della gestazione su donne che accudivano in una delle più prestigiose cliniche statunitensi di cui era divenuto nel frattempo direttore. Una storia quella del dottor Nathanson intrisa di dolore, rimorso e ricerca della verità in maniera ostinata che ha portato ad uno dei medici abortisti più famosi del mondo a cambiare vita, arrivando a considerare l’aborto come un impermissibile atto di violenza mortale (1). Racconta Nathanson nella sua biografia, “The Hand of God”: “Ho abortito i figli mai nati dei miei amici, colleghi, conoscenti e incluso professori. Sono arrivato al punto di abortire anche a mio figlio” (2), quest’ ultimo frutto di una relazione con la sua compagna ebrea Ruth. I mezzi usati dal movimento per la legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti sono quelli classici promossi dall’opinione pubblica e Nathanson li riassume in tre punti. Il primo fu polarizzare l’attenzione dei media falsificando sondaggi che proclamavano per esempio che il 60 % dei cittadini statunitensi erano a favore dell’aborto o gonfiando i dati relativi all’aborto clandestino, che passarono magicamente da 200 a 10000 l’anno. Il tutto per creare quel senso di solitudine e accerchiamento nelle persone che rifiutavano l’ammissione dell’interruzione della gravidanza. Il secondo trucco fu la cosiddetta “carta cattolica”, facendo coincidere l’opposizione all’aborto con le posizioni superate e retrograde della gerarchia ecclesiastica in contrapposizione ai fedeli cattolici che si dichiaravano a favore dell’aborto (sempre secondo gli stessi sondaggi fasulli). Il terzo punto consistette nella negazione di ogni evidenza scientifica che dimostrasse l’esistenza della vita durante la gestazione e che la presenza della vita è una questione filosofica o teologica ma certamente non scientifica (3).


I primi dubbi vennero a Nathanson nel 1974, dopo aver conosciuto la tecnologia degli ultrasuoni, in cui per la prima volta riusciva a vedere cosa c’era nel grembo della madre, scoprendo i battiti del cuore al 21 giorno di gestazione, i movimenti del feto, e addirittura si rese conto che si poteva creare un laccio affettivo solo guardando quel piccolo essere nello schermo. I dubbi di Nathanson cominciarono ad aumentare, cominciò a domandarsi cosa realmente stavano facendo nella clinica da lui diretta: racconta che nelle varie sale dove lavorava, poteva succedere di dar alla luce un bimbo alla 33ª settimana mentre nella sala accanto si praticava un aborto su di un feto con le stesse caratteristiche. Lui stesso racconta di come uno studio della rivista New England che ha provato la forza delle immagini all’ultrasuono: su 10 madri che entravano nella clinica per abortare e le veniva fatto vedere l’immagine del feto sul monitor, ben nove desistevano dall’aborto. Nel 1974 i dubbi di Nathanson vennero pubblicati dal New England Journal of Medicine, in cui affermava che come medico si era reso conto che l’inizio della vita iniziava nel ventre materno, e che “l’aborto deve vedersi come un processo che in un altro modo avrebbe generato un cittadino del mondo. Negare questa realtà è il tipo più turpe di evasione morale” (4). Il postino scaricava ogni giorno sacchi di lettere contenenti offese, improperi e minacce al più famoso medico abortista degli Stati Uniti; ci furono anche minacce di morte alla sua persona e alla sua famiglia. Era stato toccato un tasto che non bisognava toccare. Nathanson praticò l’ultimo aborto nel 1978, quando si arrese all’evidenza della realtà e quando ormai la sua coscienza non lo lasciava più vivere, soffocata dall’atroce certezza di aver perpetrato con le sue mani un male che aveva potuto prima scoprire con il cuore e poi corroborare con la moderna tecnologia. Il re dell’aborto si era arreso: spiega Nathanson che ció che spinge un medico a realizzare un aborto, oltre alla sete del denaro (5), è che lui stesso non si rende conto di ciò che fa: “il dottore non vede ciò che fa; colloca un apparecchio nell’utero, mette in marcia un motore, e l’aspiratrice funziona e risucchia qualcosa, che risulta essere un montarozzo di carne macinata in una sacchetto di plastica” (6). Nathanson voleva sapere cosa succedeva al feto durante un aborto: chiese ad un suo amico medico di collocare durante l’operazione un ecografo sul ventre della madre e di registrarlo. Dai filmati ricavati nacque l’idea di farne un documentario, chiamato “Il grido silenzioso”; il filmato mostrava come si faceva a pezzi un feto di dodici settimane nel ventre della madre e fu usato dal movimento pro-vita per far conoscere la realtà dell’aborto. Si poteva toccare con mano la tremenda realtà di un aborto: un essere umano veniva letteralmente fatto a pezzi e maciullato dallo strumento del dottore. Divenne ben presto manifesto del dramma dell’aborto nel mondo, della violenza e del genocidio silenzioso della nostra civiltà. Una società che uccide deliberatamente e impunemente i propri figli è giunta amaramente al capolinea della sua civiltà, un tempo splendente, e oggi atrofiata dalla falsa libertà svincolata da qualsiasi morale che la regoli. Siamo davanti ad un dramma terribile, paragonabile ai sacrifici umani offerti dalle popolazioni pre-colombine dell’America al dio Huitzilopochtlì: “l’aborto è diventato un mostro, un gigante cosi inimagginabile che solo pensare di poterlo imprigionare di nuovo nella sua prigione, dopo che si è alimentato con i corpi di trenta milioni di esseri umani, supera ogni aspettativa ragionabile. E nonostante ciò, questa è la nostra missione: uno sforzo erculeo” (7). Nathanson riconosce che ha aiutato questa orrenda creatura alimentandola con “grandi dosi di sangue e denaro”. Ma quella di Nathanson non è solo una storia di ripensamento, di onestà intellettuale e di coraggio. Nel 1996 Nathanson ha ricevuto il battesimo nella cripta della Cattedrale Cattolica di San Patrizio di New York, per mano del Cardinale John O’Connor, ricevendo nella stessa cerimonia anche la cresima e la Santa Comunione. Alla veneranda etá di 69 anni. Cosa ha spinto un uomo di origine ebrea che mai aveva pensato all’idea di Dio, ex re dell’aborto negli Stati Uniti, a credere in Gesù? I quindici anni che separano l’uscita de “Il grido silenzioso” al battesimo sono stati assai travagliati per il medico: le notti insonni, un rimorso dal quale nessuno sembrava poterlo liberare, le minacce interminabili erano diventate tenebre nella vita di Nathanson, era l’ ”ora del lupo” come lui l’ha definita: “mi svegliavo alle quattro o cinque di notte guardando l’oscurità e aspettando (senza pregare ancora), che si accendesse un messaggio dichiarandomi innocente di fronte ad un giurato invisibile” (8). Leggeva e rileggeva le Confessioni di San Agostino, Dostoyevsky, Kierkegaard. Proprio nel Santo di Ippona ritrovava il suo travaglio interiore, senza però avere a lato una Santa Monica che pregasse incessantemente per lui, ritrovandosi “in una nera disperazione senza uscita”. Nathanson ricorda di come nel 1989 restò impressionato da una manifestazione pacifica del movimento pro-vita nei pressi di una clinica abortista: “solo allora ho compreso l’esaltazione del puro amore di quelle persone, circondate dalla polizia newyorkese, che pregavano per i bimbi mai nati, per le donne che stavano praticando l’aborto, per i dottori e per le infermiere (...) erano sereni, contenti, cantavano e pregavano. Fu allora che per la prima volta nella mia vita di adulto cominciai seriamente a considerare la nozione di un Dio, un Dio che aveva permesso che andassi per tutti i proverbiali circuiti dell’inferno per insegnarmi il cammino della redenzione e la misericordia attraverso della sua grazia (9).

Quel Dio invisibile, incarnatosi in Gesú duemila anni orsono, era arrivato al cuore di Nathanson, portando quel perdono che nè la coscienza nè la ragione potevano offrirgli; poteva nascere di nuovo perchè Qualcuno si era offerto per lui, aveva caricato su di Sé la croce terribile che schiacciava Nathanson. Poteva considerarsi di nuovo libero, il suo debito era già stato pagato. Da quel giorno Nathanson può dire con le stesse parole di San Paolo, scritte duemila anni fa: “dove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”.

--------------------------------------------

1)
http://www.aboutabortions.com/Confess.html

2) B.Nathanson, “La mano de Dios”, Mundo y Cristianismo, 1997, p.73. Testo originale: B.Nathanson, "The hand of God: a journey from death to life by the abortion doctor who changed his mind", 1996, Regnery Publishing

3)http://www.aboutabortions.com/Confess.html; Questa strategia è stata ripetuta e si ripete tutt’ora per giustificare l’introduzione della legge sull’aborto nei vari ordinamenti giuridici. La ripetizione di questi stratagemmi fondati sulla menzogna sistematica dovrebbe perlomeno far riflettere.

4) B. Nathanson, op.cit, p.145

5) Alcuni dati che vengono spesso nascosti sono quelli relativi al prezzo di un aborto. Nella moderna e libera Spagna, il prezzo di un aborto è di 345€ entro le 12 settimane in anestesia locale e di 440 € in anestesia generale.Tra la 13ª e la 14ª settimana ci vogliono 475 € e alla 19ª si pagano 990€. Abortare nella 20ª settimana di gestazione costa 1.470€ e tra la 21ª e la 22ª il prezzo sale a 1.470€. Con la nuova legge dell’aborto in Spagna, entrata in vigore da poche settimane, oltre a poter abortire a 15 anni senza il permesso dei genitori, il costo dell’aborto potrà essere rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale. In pratica i cittadini pagaranno l’aborto con le proprie tasse.

6) B. Nathanson, op.cit, p.159

7) B. Nathanson, op.cit, p.12

8) B. Nathanson, op.cit, p.214

9)http://www.ewtn.com/library/prolife/bernconv.txtehttp://www.aciprensa.com/aborto/nathanson.htm

sabato 7 agosto 2010

Le opinioni dozzinali


Nella società post-moderna siamo invasi da idee e credenze universali cosi largamente diffuse che siamo circondati da persone che fanno a gara per asservirsi alle idee del momento. Come in una mente collettiva e uniformata, si credono le stesse cose, si fanno gli stessi ragionamenti, si dicono le stesse banalità senza correre il rischio di essere smentiti o peggio ancora di essere trascinati in una discussione che andrebbe per le lunghe. Il conformismo della nostra società è un conformismo dettato dalla vigliaccheria di non poter pronunciare parole proibite che con il tempo acquistano un significato quasi totemico, esoterico, fino a diventare parole e concetti proibiti. La manipolazione delle coscienze non è quella che impone con la forza o con il castigo certe opinioni ma le lascia strisciare subdolamente negli spazi culturali dove le persone si abbeverano senza problema e senza accorgersene. Cosi senza batter ciglio accogliamo le opinioni degli esperti dei telegiornali che ci indicano che quest’anno il mare sarà più freddo a causa dello scioglimento dei ghiacci, o crediamo allo psichiatra che analizza i comportamenti sessuali degli adolescenti come liberazione dai vecchi schemi predefiniti o ascoltiamo con piacere i discorsi di qualche transessuale in televisione che rivendica i diritti delle persone senza sesso o del terzo sesso. Un brivido di tranquillità scorre nelle viscere, possiamo credere con il beneplacito degli analisti televisivi e degli esperti che le nostre opinioni sono originali e sono confortate dal mezzobusto televisivo, dal collega di lavoro che la pensa come noi, dall’amico che sui temi d’attualità opina lo stesso. Per ogni tema d’attualità abbiamo delle risposte pronte: sull’aborto è il diritto della madre a renderlo licito, sugli omosessuali sappiamo che non possiamo intrometterci in ciò che a loro più aggrada nella vita privata, sul fascismo concordiamo che è il male assoluto; riusciamo ad avere idee convergenti praticamente su tutto. Dai ghiacciai del polo nord, all’11 Settembre fino alla bomba atomica dell’Iran (è sicuro, ce l’hanno, lo ripete anche il tg3). Le opinioni convergono senza problemi, né capacità critica: è la dittatura dell’uomo massa e delle sue opinioni dozzinali. In questo panorama, il portatore di un’idea critica, frutto di un ragionamento autonomo è il reietto per eccellenza, perché non solo nemico ideologico ma distruttore del sistema di sicurezza che permette all’uomo massa di cullarsi nelle sue convinzioni, beone che la sua sia vera originalità e che le sue idee siano frutto della sua capacità intellettuale. Non si rende conto che come un pappagallo mal addestrato ripete i dogmi santi della post-modernità, in cui tutti sono originali e tutti possiedono il benedetto diritto all’opinione. Tale diritto in realtà si tratta di una conquista, di un dovere umano alla scoperta e al superamento delle proprie miserie piuttosto che un’omologazione passiva ai sistemi simbolici che vengono offerti. Si potrebbe continuare all’infinito parlando dei tanti luoghi comuni, in cui ogni persona può sottoscrivere senza problema il manifesto ideologico del mondo moderno: qui in Spagna, e in particolar modo in Catalogna, è la memoria storica sul franchismo che danneggia ogni giorno di più l’unità nazionale spagnola (con un certo ammiccamento ecclesiastico), praticamente tutti conoscono a memoria la leggenda nera sulla Chiesa che nessuno osa mettere in discussione pena la scomunica dal tribunale laicista e progressista, o pensiamo per un momento al dibattito, se esiste, sula trasmissione delle malattie sessuali, fino ad arrivare a tutta la narrativa sulla seconda guerra mondiale con la classica distinzione tra la Germania cattiva ed ebrei oppressi. Ormai tutto lo scibile umano è stato catturato dall'uomo moderno, la sua è una risposta onnicomprensiva. Siamo entrati nella dittatura del pensiero unico, della vulgata narcotizzante, difesa con i denti dall’uomo moderno senza ragione. L’uomo massa, infatti, difende strenuamente quelle poche nozioni che ha assimilato e sottoscritto senza pensare, e si fa aspro contestatore di tutto ciò che mina la sua fiducia con una arroganza che lascia sbalorditi. Pensateci: ricordate se avete mai provato a convincere qualche conoscente attraverso evidenze o con semplice buonsenso riguardo alcuni temi di attualità. Ricordate se avete mai parlato di storia, offrendo argomenti critici su di un qualche tema che ho sopra citato e che i telegiornali ripetono come fossero verità assolute. Possono azzannarvi anche l’anima se ne fossero capaci; le opinioni dozzinali non si toccano né si lasciano persuadere, non accettano un contraddittorio. Provate a dirgli che nemmeno i darwinisti più accaniti credono ciecamente nella legge dell’evoluzione e che esiste un dibattito gigante a livello scientifico, con teorie e modelli che riescono a spiegare più degnamente la vita umana che il caos puro e la legge del più forte. Oppure che Bin Laden è un fantoccio e le guerre in Iraq e Afganistan sono state create in base a prove false (pensate a Colin Powell che mostra il powerpoint falso sull’arsenale di Sadadm Hussein di fronte alle Nazioni Unite) e dettate all’agenda dei conservatori dalle note lobby (ebraica, petrolio, armi) e fondate sul “New Project for a new American Century”, documento sottoscritto dai conservatori e che auspicava una nuova Pearl Harbour americana per dare vita ad un nuovo secolo di dominazione statunitense. Potete rischiare il linciaggio pubblico. Con spirito volontario ed entusiasta le menti si piegano alle spiegazioni offerte dalla post-modernitá, come carnefici volenterosi ci pieghiamo alla dittatura dell’aborto, ci rassegniamo alla morte di innocenti e poi difendiamo a spada tratta i diritti delle balene del Giappone o della foca danese. Siamo intrappolati in un cunicolo del pensiero, in cui vige l’autocensura delle menti, in cui non serve più un potere che castiga, ci pensa la persona stessa ad autocensurarsi in nome del pensiero unico; è la realizzazione della profezia orwelliana, in cui il vero giudice della società è la propria coscienza personale.

Il punto è che il mondo della menzogna e del travisamento della verità può essere possibile solo grazie al nostro volenteroso conformismo e omologazione. L’unica legge universalmente accettata è “Se mi piace, è giusto”; non c’è altra legge né precetto tra gli uomini. Siamo salvati dal nostro piacere e tutto può essere giusto e sbagliato a seconda della persona che osserva. E’ in definitiva il trionfo del relativismo, punto di entrata della dittatura del pensiero unico; perché se non c’è niente di vero né di falso, tutto può diventarlo a seconda del momento e della circostanza. I mezzi di comunicazione fanno il resto, insieme all’autocensura e alla prostituzione ideologica.
Gli adolescenti fanno foto ammiccanti e seminudi su netlog, un nuovo social network, e si danno voti sulla propria bellezza? Non c’è problema, si stanno liberando. Domani invece di pensare sul bene o sul male, sul giusto e lo sbagliato, penseranno solo a copulare in nome della libertà acquisita. Saremo tutti schiavi della nostra libertà, come auspicava Sartre.

lunedì 28 giugno 2010

Indiana Jones in Belgio


La perquisizione con torce e picconi stile Indiana Jones, avvenuta nella cattedrale di Malines, in Belgio, un tempo paese cattolico e fedele a Roma, è la prefigurazione di quello che attende la Chiesa nei tempi venturi. Chi si è illuso che dopo il Concilio Vaticano II, un gran tempo di pace si sarebbe riversato sul mondo e sulla Chiesa oggi dovrebbe profondamente riflettere. D’altronde sembrava del tutto scontato, la Chiesa si apriva al mondo, faceva entrare la (post) modernità nel suo seno, mostrava il suo volto simpatico al mondo, fatto di chitarre e incontri interreligiosi.

I “profeti di sventura” forse avevano ragione, e siamo solo all’inizio. Il tipo di irruzione, le modalità brutali degli interrogatori, con i codici penali sventolati di fronte a Vescovi e laici, la tempistica e l’appoggio pressoché unanime dei media deve far riflettere. Nell’immaginario collettivo l’equazione prete-pedofilo va estendendosi nel popolo che una volta resisteva con la fede dei semplici e che oggi si schiera ferocemente contro la Chiesa, volenterosi carnefici di una Chiesa sofferente. “La Chiesa ci vieta il piacere, ci consiglia una vita morale che aspira alla perfezione, vuole soffocare la mia libertà”: questo grida l’uomo medio dalle opinioni dozzinali, confezionate davanti alla televisione e assunte come proprie e originali, che si ribella perché qualcuno gli ricorda che siamo uomini e non besti. Per questo accuda la Chiesa di essere illiberale, perché me lo ricorda quando vorrei solo rotolarmi nel fango che mi sono creato e felice di mangiare le ghiande con i miei amici maiali. La polizia irrompe nella Cattedrale munita di martello pneumatico per violare le tombe di due Primati belgi, che come tutti sanno, sono soliti portarsi nelle tombe gli inconfessabili segreti pedofili. E’ una vecchia usanza belga, alla stregua degli antichi egizi che si portavano nel viaggio verso l’Oltretomba alcuni oggetti personali. I cardinali portano con sé le memorie degli abusi commessi in vita, è cosa risaputa.

La segnalazione alle autorità competenti è arrivata da un ex sacerdote, tal Rik Devillé, che ha guidato gli investigatori alla scoperta dei “tesori” della Cattedrale, in pieno stile Codice da Vinci. Segnalazione ricevuta come oro colato per sequestrare il cardinale e alcuni laici collaboratori che si trovavano nella Cattedrale in quel momento e portarli in questura.

E’ notizia di poche ore fa che il Presidente della Commissione sugli abusi, il laico e psichiatra infantile Adriaenssenss si è dimesso dal suo incarico: “Siamo stati utilizzati come esche” ha detto. E’ proprio la parola giusta, siamo stati delle esche. Abbiamo attirato i volenterosi carnefici che adesso ballano sul moribondo.

E’ opportuno considerare due aspetti di queste triste storia: il primo è inquadrare il perché e i mandanti di tale visita alla Cattedrale. Ai magistrati (guarda caso!) non interessa il fine dell’indagine, ovvero risarcire il grave torto subito dalle vittime dei presunti abusi. Ma solo il mezzo è ciò che conta: delegittimare la Chiesa, mostrarla perseguibile e “non al di sopra della legge”, ridurla a una cricca di banditi e pervertiti. Ai belgi, già si è visto con il caso del pedofilo seriale e assassino Ducroix che deteneva due ragazze in una prigione costruita nella sua villa e che aveva già ucciso due bambine, non interessa la giustizia. Il criminale venne più volte rilasciato e le indagini che furono osteggiate dalla stessa magistratura che oggi incrimina la Chiesa avevano rivelato una rete di potenti dediti a riti iniziatici satanici con pedofilia inclusa. Il tutto fu insabbiato e finalmente a Ducroix fu comminato l’ergastolo. A queste persone non interessa ristabilire l’ordine violato, ma solo travestirsi da laici fautori della giustizia, esecutori del diritto positivo, fare dell’intolleranza un buon vestito per la giustizia, intimidire la Chiesa belga, già debole per il suo progressismo semi-protestante, e ridurla a macerie con mezzi sensazionalistici e apparentemente esoterici che tanto piacciono al pubblico amante di Dan Brown, che non può far altro che credere che i cardinali portino nelle loro tombe i papiri contenenti i terrificanti segreti pederastici.

Il secondo aspetto è ancora più importante: il Santo Padre sa chi sono i mandanti, gli stessi del recente scandalo pedofilia, gli stessi che storpiano appena possono le sue parole per creare un polverone mediatico, gli stessi che odiano la Chiesa perché Chiesa. Ebbene, che questi massoni impuni siano denunciati in modo definitivo dal Papa, che lo gridi a gran voce e prepari il suo gregge a resistere nella fede, conoscendo i lupi che vogliono sbranarla. E ben vengano queste persecuzioni, che già Nostro Signore ci ha annunciato: “Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me per primo”. Chi si è illuso di piacere al mondo? Chi ha voluto far sedere nella Chiesa per dialogare coloro che la odiano?

I vescovi e i sacerdoti del Belgio super-progressisti (80% è contro il celibato sacerdotale e il 56 % a favore dell’ordinazione femminile), che si prodigavano fino a pochi anni fa nel vietare processioni religiose, come quella del Corpus Christi (che nacque nel Medio Evo proprio a Liegi) per paura dell’”impatto che potrebbe avere sulla popolazione”, che hanno promosso indefessi le cause della lobby omosessuale, ricevono alla fine il loro salario. Tante carezze al lupo per poi farsi sbranare. Da veri scemi, contrariando anche il motto evangelico “semplici come le colombe e prudenti come i serpenti”, ci siamo dati in pasto ai nostri carnefici. Non tutto però viene per nuocere. La persecuzione forgia la fede, rinnova lo spirito, fa cadere i drappelli da pavone che attirano il mondo, per tornare all’ortodossia della fede, fatta di sacrificio e sudore. Per questo si sbaglia Gentiloni in un articolo sul Manifesto, dal titolo “Un cattolicesimo di chiusura”. Gentiloni ci ricorda che la Chiesa è in crisi perché non si piega del tutto al Concilio Vaticano II e non lo attua completamente: poco potere alle donne, fine della teologia della liberazione, rigidità su tematiche morali. Però ci conforta e ci dice profeticamente che “prima o poi le voci nuove prevarranno”. No Gentiloni, il lemma della Chiesa è “no prevalebunt”: quello che prevarrà sarà sempre e solo Cristo.

martedì 15 giugno 2010

Un buon sacerdote


Ho avuto il piacere di dedicare una serata al cinema, che non è tra i miei passatempi preferiti, per vedere un film prodotto in Spagna, dal titolo “La ultima cima”, di Juan Manuel Cotelo. E’ la storia di un buon sacerdote che fa scandalo perché è la storia di un normale sacerdote della Chiesa, che muore improvvisamente a 42 anni in un incidente di montagna, sui Pirenei. Un sacerdote che ha destato la curiosità del regista che ha cominciato a scavare nella sua vita più intima trovando una persona dedita a Cristo, abbandonato alla sua volontà e “un altro Cristo” per tutte le persone che sono passate per il suo cammino, e raccontato proprio dalle persone che lo hanno conosciuto. Una storia propriamente scandalosa perché comune e quotidiana. Nessun colpo di scena finale, se non la morte del protagonista che irrompe nella vita straordinaria di questo ordinario sacerdote, l’aprirsi della “porta eterna” verso la vita piena in Dio. Rimango colpito e soddisfatto nel vedere alcune persone nella sala, che gustano dei ricordi delle persone che hanno condiviso la vita terrena del sacerdote Pablo Domínguez, dottore in filosofia e teologia che parlava in conferenze ed era professore di logica, e spiegava ai suoi amici della meraviglia della “ragionevolezza” di Dio, dello stupefacente amore per ogni essere umano, dell’allegria della vita nella fede, nonostante le difficoltà e le tribolazioni. Perché Dio è venuto a visitare l’uomo nell’umiltà di una stalla, senza un posto dove ristorarsi, nello stupore del Creato e nel silenzio della Storia. Quel Dio si è degnato di farsi presente, senza gridare ma solo per servire. E dalla figura di Cristo si capisce la figura del sacerdote. Darsi tutto per tutti. Come ha fatto il primo sacerdote di tutti, il Figlio di Dio.

Si racconta che Pablo fosse solito celebrare la Santa Messa in montagna, quando partiva da solo e una volta sulla cima offriva il pane e il vino al Cielo, affinché si trasformasse in Corpo e Sangue di Cristo. Era allegro, felice della sua vocazione, realizzato nella sua chiamata a donare la propria vita per i suoi amici e per la Chiesa. Mi ricorda un altro sacerdote che ho avuto la fortuna di conoscere, polacco, Padre Agostino che parlava di Dio come dell’amico che non tradisce mai e che per primo svegliò in me la sete di conoscere chi c’era dall’altra parte della porta e mi aspettava da sempre: “Sono alla porta e chiamo” dice il Signore. O al contrario, di un altro sacerdote di Barcellona che mi spiegava con roboanti argomenti teologici che per celebrare la Messa bisogna far partecipare l’assemblea, altrimenti non è completa, bisogna parlare e applaudire, dialogare e scambiare opinioni. Come se fosse necessario far tacere il Mistero con le nostre parole, con i nostri gesti. Mentre Pablo amava celebrare la Messa sulla cima dei Pirenei, nella solitudine delle montagne, dove spesso Dio è sceso a farsi conoscere agli uomini, la stessa montagna dove Gesù si manifestò a due suoi discepoli che non volevano più scendere dopo aver visto il suo splendore. Mi ha ricordato soprattutto l’immensa preziosità della chiamata al sacerdozio nella Chiesa, dell’importanza di avere sacerdoti santi e “arresi” a Dio, con le mani in alto di fronte al ladro che non si sa a che ora della notte arriverà. Di persone che si conoscono e soprattutto conoscono Dio, e hanno trovato la perla della loro vita e per quella perla sono pronti a dare tutto. Come la testimonianza della madre che è stata convinta da Pablo a portare avanti la sua terza gravidanza e non ricorrere all’aborto consigliato dai medici, di un figlio senza speranza di vita, per seppellirlo con il sorriso dopo appena due giorni: raccontava la madre che Pablo gli ripeteva che ogni “persona veniva al mondo con una missione”. Quella del bambino con due giorni di vita è stata la conversione della persona che lo portava nel grembo.

Coincide il film, con la chiusura dell’anno sacerdotale della Chiesa, uno degli anni più difficili per i sacerdoti coinvolti nella bufera mediatica della pedofilia, strumentalizzati per il pubblico ludibrio della plebe selvaggia, trattati come appestati dalla doppia morale del mondo. Pochi giorni fa il Papa ricordava in quest’occasione il Santo sacerdote di Ars, San Juan Maria Vianney: incapace negli studi teologici, arrivó ad essere ordinato sacerdote con grandissime difficoltà accademiche. Dal villaggio francese di trecento anime, divenne famoso per la sua santità e la sua umiltà. Trascorreva giorni ricevendo le persone e mostrando l’amore di Dio attraverso il sacramento della Riconciliazione. “L’uomo che si è fatto Misericordia” lo ha definito il Papa in questi giorni; senza preparazione né talento, era diventato meta di pellegrinaggio di migliaia di pellegrini che viaggiavano per conoscerlo. Nell’ordinario e nell’insignificante, a Dio piace fare le sue opere migliori.

domenica 30 maggio 2010

La fine della persona come essere: Peter Singer (parte III)


Abbiamo visto negli articoli precedenti due tentativi filosofici della negazione dell’uomo come entità ontologica, inglobandolo in un’Umanità che lo schiaccia fino ad annullarlo (Comte) o negando la sua natura specifica riducendolo a materia inanimata e informe, il cui unico fine è la libertà-libertinaggio per sfuggire alla sua informità (Sartre). L’ennesimo contributo alla morte dell’uomo è di un professore di bioetica di Princeton, noto per i suoi libri sulla difesa degli animali e sulla nuova etica pratica della felicità. Mi riferisco a Peter Singer, riferimento filosofico del governo Zapatero, che ha confessato di aver letto i suoi libri e di apprezzarlo. Il rovesciamento dei valori classici dell’Occidente è chiaro fin dal principio nei testi del professore australiano. Singer inaugura la nuova etica pratica che porterà l’uomo alla felicità: bisogna passare dall’etica della sacralità della vita a un’etica della qualità della vita. La nuova etica di Singer si definisce “utilitarista” e riconosce il debito ideologico con il padre dell’utilitarismo, Jeremy Bentham: “La capacità di soffrire è la caratteristica che conferisce ad un essere il diritto di un’eguale considerazione”. Il dolore misura la qualità della vita. Per questo gli uomini sono dei razzisti, o especisti come li chiama Singer poiché danno più valore al dolore umano che a quello animale, perché antepongono il proprio dolore a quello degli animali che dimostrano di poter soffrire. Un cavallo sobbalza per un calcio, un cane sembra piangere quando il padrone scompare. L’uomo e l’animale sono sullo stesso piano poiché entrambi provano dolore. Coloro che mangiano carne animale, che si dedicano alla caccia, che fomentano la sperimentazione sugli animali sono dei razzisti, degli especisti da esecrare, assassini e torturatori. L’uomo, prodotto dell’evoluzione cieca, figlio di una scimmia fortunata, si comporta da sempre da razzista e ha creato un’etica discriminatrice verso i suoi fratelli animali, soprattutto i primati, parenti più diretti ma meno fortunati di noi. E’ doveroso, manifesta Singer, ampliare i diritti umani anche agli scimpanzé e ai babbuini: “Tutti gli animali sono uguali”, nel mondo evoluzionista non c’è spazio per le differenze sostanziali tra uomo e animale, siamo tutti sullo stesso piano evolutivo. In questa nuova etica, chi soffre possiede una minore qualità di vita, e coloro che non hanno coscienza di questo dolore non possono essere considerate persone. Addio vecchietti rincoglioniti rinchiusi negli ospedali a spendere fondi pubblici, addio embrioni senza coscienza né vita! Una vita con dolore o senza la coscienza del dolore, non vale la pena di essere vissuta. Il metro deve essere la quantità di felicità presente nel mondo: eliminare una persona che soffre, è un aumento in tal senso. Cosi come un feto non ha coscienza del proprio dolore, cosi anche i bambini fino a una certa età non possiedono questa coscienza, non sanno se vogliono o non vogliono continuare a vivere e sono alla stessa stregua del feto. Il metodo di giudizio per la loro vita sarà la felicità (o l’assenza di dolore) che la loro esistenza comporta nel mondo. Per questo dice Singer, “nel caso di un bebè affetto da sindrome di Down o la cui vita sia iniziata in condizioni difficoltose, i genitori dovrebbero essere liberi di uccidere il bambino durante i primi ventotto giorni di vita”[1]. Nell’etica della qualità della vita anche l’infanticidio è licito: e come specifica Singer le restrizioni che la legge impone sull’infanticidio sono dovute più che altro all’orrore che esso produce tra le persone piuttosto che alla “malvagità che intrinsecamente implica uccidere un bambino”[2]. L’uomo ridotto ad animale deve abbandonare l’idea che la sua vita sia sacra: nessun essere umano, handicappato, in coma, appena nato, “possiede un diritto alla vita tanto forte quanto quello degli esseri capaci di considerarsi a se stessi come entità differenti che esistono nel tempo”[3]. La conclusione è diretta: un orangutan adulto merita di vivere più di un bambino, ha maggiore qualità di vita e coscienza di sé. In definitiva qualsiasi cosa minaccia la felicità complessiva del mondo (un handicappato, una persona in stato vegetativo, un dolore) deve essere soppresso. Bisogna aiutare a morire questi esseri, cosi non soffriranno più né loro né le persone che gli sono vicine. Il dolore per Singer è un senza senso, insopportabile e aberrante, deve essere sradicato dalla faccia della terra: per questo il Dio cristiano lo ripugna perché si è sacrificato per tutti, ha donato la sua vita, si è fatto immagine del dolore per ottenere la redenzione. Il classico refrain buonista e filantropico: “Se esistesse Dio non permetterebbe la sofferenza inutile degli innocenti”[4]. E allora ben venga la morte, l’eugenesia, l’eutanasia, bisogna ripulire la terra dal dolore.

“Quando la morte di un bambino disabile conduce alla nascita di un altro bambino con maggiori prospettive di avere una vita felice, la quantità di felicità totale sarà maggiore se si uccide al bambino disabile”.[5]

Si deve essere più selettivi, non c’è pietà nello sradicare la malformazione e il dolore dal mondo. E pensare che giuriamo ogni giorni di difenderci dal nuovo nazismo, però deve ripresentarsi con i baffi e parlare tedesco. Singer è il darwinismo compiuto fino alle sue estreme conseguenze, è il Cartesio dei nostri giorni, più feroce e letale. Cosi come Cartesio aveva confuso la persona umana con la sua capacità di pensiero (Cogito ergo sum), cosi Singer confonde il soggetto con la coscienza. Un essere senza coscienza non è un essere, e per questo si può e si deve uccidere. L’uomo per Singer è una cosa pensante (res cogitans) invece di un soggetto che possiede una coscienza. E’ il ribaltamento del pensiero occidentale, della filosofia greca, romana e cristiana. Singer vende milioni di copie con i suoi libri, seduce e conquista i lettori medi, che si fanno volontari carnefici del nuovo millennio, arriva allo strato popolare spesso irraggiungibile dal pensiero filosofico. Il suo libro “Liberazione animale” ha venduto più di un milione di copie perché possiede tutti quei luoghi comuni che caratterizzano il modernismo, e che contraddirli significa o l’autocensura o l’isolamento di chi li critica: darwinismo, edonismo, utilitarismo, filantropia sono i pilastri incontestabili della nostra società. E allora teniamoci stretto Singer e la sua ascia assassina, fino a quando non toccherà anche a noi soccombere di fronte alla nuova Etica Pratica. Perlomeno, fino a quel momento non fatevi paladini dell’Occidente, non difendete l’Europa, non sputate sangue sull’Iran e sul mondo musulmano. Un popolo, un sistema di valori, un gruppo che non ha più identità, che disprezza le sue origini e la sua tradizione cristiana, che uccide i propri figli è giusto che sia conquistato perché non sa più chi è e non può proporsi come guida morale. Gli è rimasto solo il suo nichilismo imbiancato e politicamente corretto tra le mani.


[1] Peter Singer, “Practical Ethics”, Cambridge University Press, Cambridge, 1979, pp.131-138

[2] Peter Singer, “Etica Practica”, Ariel, Barcelona, 1995, p.135

[3] Peter Singer, “Etica practica”, p.142

[4] Intervista a El Pais, 23 Settembre 2006, p.9

[5] Peter Singer, “Etica practica”, p.145

mercoledì 12 maggio 2010

Il salvataggio della nave che affonda


La BCE ha battuto il colpo che gli speculatori affamati aspettavano. E’ stato varato il piano Paulson europeo per salvare la Grecia e gli altri paesi in difficoltà, senza che fossero consultati i cittadini e senza risolvere il problema fondamentale. In Europa e negli Stati Uniti siamo di fronte a un problema di solvenza e non di liquidità: in pratica non sappiamo se gli Stati potranno far fronte al loro debito se continuano ad essere braccati dagli speculatori che rilanciano sulla “insolvenza” attraverso complicati strumenti di assicurazione sul rischi di pagamento chiamati CDS (Credit Default Swap). Si continua a trattare questa crisi con le misure sbagliate iniettando denaro nel mercato che solo servirà a far continuare l’agonia di un debito inservibile consentendo agli speculatori un altro giro sull’ottovolante della speculazione selvaggia.

La Banca Centrale Europea continua ad applicare il dogma che ha appreso dal liberismo alla lettera, con ancora più zelo rispetto a chi l’ha inventato e cancellando le leggi che lei stessa ha creato. Non solo immette ancora più liquidità in un mercato speculativo (che non viene dal nulla, sará pagato con le nostre imposte. A proposito, hanno chiesto il vostro parere?) ma si va ben più in là di quello prospettato dal Trattato di Lisbona. Improvvisamente la BCE può comprare il debito e le obbligazioni inservibili degli Stati della zona Euro. Il tutto è stato deciso in un frenetico fine settimana dalle tinte drammatiche. Salvare l’euro a tutti i costi o lasciarlo sprofondare? E come salvarlo? Naturalmente con la soluzione sbagliata imparata dai pappagalli del liberismo: onorare il debito, austerità economica e tagli sociali. Dice bene il blog GuruBlog: “Uno comincia ad avere la sensazione che il capitano con il fine di tappare le falle d’acqua, ha deciso di smontare il timone e utilizzarlo per chiudere la falla. Il problema è che la nave è rimasta senza controllo e non si può più controllare la direzione”.

In ultima istanza, l’Unione Europea lancia un messaggio strategico ben chiaro. E’ necessario salvare la finanza ad ogni costo, è necessario che il tumore economico non sia curato ma lasciato crescere. Anche se questo significasse infrangere le regole scritte nei trattati europei e preparare i paesi europei ad anni e anni di recessione, di frugalità e di sacrifici inutili. Il tutto per onorare un debito meschino e ormai già pagato e ripagato nei decenni in cui si sono pagati gli interessi. Per i prestatori (speculatori) invece è arrivata la garanzia massima dell’Unione Europea. Qualsiasi cosa succeda non termineremo di onorare il nostro debito, dice l’Unione Europea, pagheranno i nostri contribuenti e se loro moriranno, toccherà ai figli e ai figli dei loro figli. Adesso gli speculatori usurai hanno avuto il messaggio che aspettavano: all’Unione Europea cosi come agli Stati sovrani interessa più il loro registro contabile che la vita dei propri cittadini sudditi. Non cambierà nessuna regola per la finanza e il riscatto europeo lo lascia ben intendere. Lo spiega Luis Garicano di Fedeablogs: “E’ il dilemma abituale tra rischio morale e assicurazione: se ti do la sicurezza che ti riscatterò, per quale motivo metterai in moto le riforme politicamente costose nel mercato del lavoro e nel settore finanziario?”. In effetti, il salvataggio della BCE ci dice che il loro vero padrone al quale non diranno mai di no sono proprio i mercati, sono loro che comandano le azioni dei governi. Gli stessi governi che adesso si sentono completamente “deresponsabilizzati” di prendere le riforme necessarie per frenare la finanza. Si è dato tutto agli speculatori senza chiedere niente in cambio, neanche una leggina nazionale che vietasse per esempio la vendita a breve termine dei CDS sugli Stati sovrani o che vietasse l’assicurazione su un bene che non si possiede (come i CDS) o almeno una regolamentazione sugli scambi ad altissima frequenza (in 0,2 secondi si possono fare 10.000 ordini: i rialzi e i tonfi isterici della borsa di questi giorni dipendono da questi movimenti incontrollati). Niente di tutto questo, la speculazione ha vinto la partita per manifesta incapacità dei governi. Abbiamo risolto il problema del debito creando altro debito: un pensiero da veri cretini. E ci siamo assicurati anni e anni di recessione economica. Leggo le dichiarazioni di Zapatero al Congresso di quest’oggi e già si vedono le prime misure di questo salvataggio nell’economia reale: si ribasserà del 5% gli stipendi dei funzionari pubblici, si sospende la rivalorizzazione delle pensioni e il “regime transitorio” per favorire il pensionamento creato nel 2007, si elimina l’assegno di 2500 € per la nascita di un figlio, razionalizzazione delle medicine (le scatole dei farmaci devono essere adeguate alla durata della cura), riduzione dell’aiuto allo sviluppo di 600 milioni di Euro nel 2011, risparmio addizionale di 1.200 milioni di euro per le Comunità Autonome e per l’entità locali, riduzione della spesa pubblica di 6.045 € tra il 2010 e il 2011.

Siamo in mano agli interessi dei banchieri e dei finanzieri con la complicità dei burocrati europei. E questa la chiamano democrazia.

venerdì 23 aprile 2010

Fini è pronto per la sinistra


Alla fine Fini è riuscito a fare quello che in 16 anni nessun uomo della sinistra aveva potuto. Per almeno due ore di fronte alle telecamere ha spostato l’attenzione dal camaleonte Berlusconi e ha fatto girare le telecamere verso il suo ditino alzato da saccente raccomandato. Non ci erano riusciti in ordine né Prodi né D’Alema né Franceschini (chi?), e neanche per ultimo Bersani:ci è riuscito l’ormai prossimo perfetto candidato alle elezioni della sinistra radical-chic. Purtroppo per lui e per la sinistra che sbava per l’ex fascista e missino convertitosi sulla strada di Fiuggi in uomo delle istituzioni, il suo è un fuoco di paglia. Probabilmente Berlusconi è sulla via del tramonto, come gli attori famosi che a fine carriera fanno film osceni, ma la notizia più rassicurante è che Fini non sarà il suo successore.

Ha provato il colpo di mano, ed è rimasto con sole 11 persone ad appoggiarlo in tutto il centro destra. Anche i suoi colonnelli se la sono filata. Poi come in una negazione incosciente tipicamente freudiana diceva: “ Io non ho tradito!”, come se dicendolo finisse per crederci e per farlo credere. Lo ripeteva e sembrava credibile almeno per la foga con cui lo esclamava. Ma sono anni che Fini ha tradito tutto e tutti già dal 1995, e ha compiuto cosi il cammino necessario per rendersi perfetto leader della sinistra che lo acclama come salvatore. Ezio Mauro su Repubblica gli ha dato l’assist perfetto per completare l’opera: dall’alto del suo odio verso Berlusconi ha scritto che ha commesso peccato di lesa maestà, ha ferito il corpo mistico intoccabile, erigendolo cosi a paladino della libertà, del dissenso indipendente, una sorta di Che Guevara di destra. Gli ha dato quel tocco di romanticismo del perdente che tanto piace alla sinistra. In realtà non ha scalfito un bel nulla, ma ha solo portato a compimento la sua carriera politica, fatta di svolte acrobatiche stile 8 Settembre e di sentenze lapidarie sul male assoluto nella storia appena prima condivisa, infine una kippa in testa per far capire da che parte stare e una velina sul divano per il secondo matrimonio liberal, fino allo sbocco da uomo delle istituzioni, giusto premio per chi una identità ce l’aveva ma l’ha defenestrata senza problemi né sussulti.

Berlusconi cadrà ma non sarà per colpa di Fini. Succederà perché ha perso la spinta necessaria per governare un paese e non ha fatto quello che poteva e doveva fare con quelle maggioranze parlamentari anomale, quasi plebiscitarie per come è abituato il sistema politico italiano. Fini vorrebbe il presidenzialismo per soffiare il posto all’avido Berlusconi, ma finirà probabilmente nel partito Radicale, con cui ormai condivide appieno le battaglie: è abbastanza radical-chic, appoggia aborto e eutanasia, confonde libertà con libertinismo, sostiene il laicismo e l’euro-atlantismo. Insomma è l’uomo giusto per la sinistra orfana di un leader. Chi l’avrebbe mai detto: il vecchio fascista viene osannato dalla sinistra. Sotto la bandiera dell’antiberlusconismo si possono davvero fare miracoli.

mercoledì 14 aprile 2010

I nemici invisibili della Chiesa


Nella polemica che riguarda lo scandalo della pedofilia nella chiesa Cattolica e che vede come suo massimo ed ultimo imputato il Papa Benedetto XVI, ciò che richiama l’attenzione non è tanto il putiferio scomposto e farneticante di chi richiama il Papa a rispondere davanti al Tribunale dell’Aja (1) da parte di alcuni scienziati inglesi per crimini di lesa umanità, ma piuttosto il silenzio da parte dell’ala progressista cattolica e dei politici italiani. In questi giorni delicati, gli unici che hanno avuto il coraggio di parlare sono stati dei cardinali vicini al Papa. Il resto è stato uno sconsolante silenzio o peggio ancora una sottile vena giustizialista di alcuni politici italiani ed esteri (2)

Il silenzio della politica è puramente strumentale: nel momento dell’attacco le iene sanno riconoscere bene la strada della ritirata. Una volta terminate le moine per attrarre i voti dell’elettorato cattolico, sanno perfettamente il pericolo odierno di prendere le parti della Chiesa o di mostrarsi solidali nel momento delle accuse. Eppure all’inizio della campagna mediatica diffamatoria qualcuno aveva osato fare qualche dichiarazione al rispetto, per poi però autocensurarsi in uno squallido mutismo quando lo scontro si è fatto realmente duro. Da una parte è comprensibile, le esigenze della politica non sono quelle della Chiesa. L’errore strategico è precedente, quando la Chiesa ha riposto troppa fiducia nelle istituzioni, cosiddette democratiche e nei politici che in realtà rispondono ad un solo padrone e ad un solo tornaconto: mantenersi il più possibile al potere, alla stessa stregua dei burocrati statali.

Il silenzio dei cattolici progressisti è invece di doppia ambiguità. Da un lato sono disorientati, perché vedono i frutti perversi delle loro scelte e delle loro posture: la liberazione sessuale che spesso e sovente hanno appoggiato, è alla base dei casi di pedofilia che sono stati commentati in questi giorni. Doveva essere la liberazione sessuale di tutti, bambini, adulti, disabili e perché no anche i preti. Oggi si ritrovano ad avere al fianco della propria battaglia modernista i nemici di sempre del cattolicesimo che non sono proprio dei compagni di viaggio affidabili. L’ala sinistra del cattolicesimo si ritrova cosi in una posizione assai scomoda, a commentare una situazione che in qualche modo ha favorito con le loro esternazioni e improvvisamente è attanagliata da un senso di colpa inaspettato.

Allo stesso tempo, si può notare come certi catto-progressisti più masochisti, sembrino covare una certa compiacenza nel vedere l’autorità morale della Chiesa Cattolica e il suo capo venir messa in discussione. Non si rendono conto che cosi facendo danneggiano sé stessi, la propria fede e la Chiesa intera. Oggi la Chiesa, lo ripeterò fino a stancarmi, è l’unica forza spirituale ed intellettuale che può contrapporsi alla cultura della morte, che ha nella sua esperienza bimillenaria, gli anticorpi per rispondere colpo su colpo alla distruzione della vita e dell’uomo, al nichilismo (3), all’edonismo, alla mercificazione e prostituzione del corpo e dell’anima e alla degenerazione delle coscienze e della morale.

Sull’onda di tali polemiche si sente spesso che il problema della pedofilia sia legato al celibato dei sacerdoti. Un tema caro ai progressisti che vorrebbero protestantizzare la chiesa Cattolica e fare di essa una serie di pastori sposati e con figli, ridimensionando la missione “totale” del sacerdote. Credo che quello che si fraintende sia lo stesso senso del celibato: una chiamata alla santità che non ha bisogno della liberazione degli psicologi e dei rivoluzionari sessattottini. Le parole di Mons.Bertone, quando dice che l’omosessualità possiede un vincolo con la pedoflia suonano a scandalo alle orecchie di molte persone. Però quante persone non lo dicono per paura di sembrare anti-moderni, antiquati, non al passo con i tempi? Quanti fedeli, anche in buona fede, sostengono che l’omosessualità sia compatibile con il sacerdozio? E in quanti seminari si è passato sopra le tendenze perverse di alcuni aspiranti sacerdoti? Quello che ha detto Bertone è la cannonata sopra il politicamente corretto: chiamando le cose con il loro nome ha provocato il delirio sdegnoso di chi da anni cerca di minare le basi della morale cristiana. Alla fine Bertone è stato trattato da povero pazzo dai media, come è giusto che sia nella dittatura del pensiero unico.

Bisogna rendersi conto della portata dell’attacco in corso: la posta in gioco è altissima, vitale, è forse lo scontro più importante per la Chiesa degli ultimi tempi. Si sta addossando alla Chiesa intera la macchia infamante della pedofilia per poter delegittimare la posizione cristiana sulla vita, sul matrimonio e sulla verità. Per uno 0,03 % di casi di preti pedofili (certamente condannabili e penosi), come testimoniato da un rapporto statunitense del 2008 (4), si stanno minando le basi della dottrina cristiana, addirittura minacciando il Papa di estradizione. E’ ora che la Chiesa lasci da parte la santa prudenza ecclesiale e restituisca al mittente le accuse infamanti, e dichiari fermamente e serenamente chi c`è dietro questi attacchi, senza smentire un secondo dopo (5).

Ricordiamoci che il Buon Pastore non scappa quando arrivano i lupi, e che proprio in quel momento che difende il suo gregge con ancora più misericordia ed amore, se possibile.

----------------------------------

1) E’ lo stesso posto dove Slobodan Milosevic, il vecchio Presidente serbo, morì misteriosamente nella cella del Tribunale Internazionale nel 2006, senza che sul suo corpo fosse disposta l’autopsia per accertarne fino in fondo le cause della morte.

2) Mentre scrivo vengo a conoscenza delle dichiarazioni del ministro Calderoli: “Attaccano il Papa per arrivare a sue dimissioni. E' un attacco legato alla massoneria e a correnti interne alla Chiesa. Dietro tutte queste polemiche non ci sia il fenomeno della pedofilia ma un attacco nei confronti della Chiesa e di una parte di essa che e' rappresentata dal Papa. Qualcuno cerca di tirar fuori scheletri dagli armadi”. http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2010/04/11/visualizza_new.html_1761566006.html

3) Alcune persone mi hanno detto che non sanno il significato della parola “nichilismo”: in generale è un pensiero che fonda il nulla come elemento costitutivo del mondo, e quindi lo eleva a realtà ultima e finale. Si può leggere per approfondire: http://it.wikipedia.org/wiki/Nichilismo

4) http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/04/05/visualizza_new.html_1759773769.html

5) Anche il Monsignor Babini, Vescovo Emerito di Grosseto ha ritrattato le sue parole, nonostante la diffida (http://www.pontifex.roma.it/index.php/editoriale/il-fatto/4011-pontifex-dice-basta-e-qdiffidaq-mons-babini-e-don-bianchi) presentatagli dal sito Pontifex che le aveva riportate. Aveva affermato: “la pedofilia é una cosa orrenda e basterebbe un solo caso per far gridare allo scandalo, ma mi consta che anche in altre confessioni ve ne siano e in proporzione maggiore a quella della Chiesa cattolica". Ma chi orchestra questa manovra?: "I nemici di sempre dei cattolicesimo, ovvero massoni ed ebrei e l'intreccio tra di loro a volte é poco facile da capire. Ritengo che sia maggiormente un attacco sionista, vista la potenza e la raffinatezza, loro non vogliono la Chiesa, ne sono nemici naturali. In fondo, storicamente parlando, i giudei sono deicidi”.

lunedì 29 marzo 2010

L'attacco alla Chiesa e a Pietro


E’ un tempo difficile per la Chiesa e per il suo Papa. E’ nel destino della Chiesa e del suo Pietro ripercorrere le tappe del suo divino fondatore, il che include naturalmente la Croce e la Passione. Non è un caso che tutto questo scandalo mediatico, abilmente orchestrato, succeda nel tempo liturgico piú importante per i cristiani, il tempo della Pasqua. E ciò dovrebbe far riflettere ancor di più sul destino e sul futuro della Chiesa. Di attacchi ed oltraggi al Papa la storia ne è piena, dallo schiaffo di Anagni al papa prigioniero a Castel Gandolfo. Però questo è diverso, anche se era più che prevedibile fin dai primi giorni dell’uscita dello scandalo, quando ancora le accuse giravano intorno al fratello sacerdote del Papa, Georg, quando si giocava sottilmente sul termine “abusi” nel coro di Ratisbona, insinuando che oltre agli schiaffi volava anche qualche carezza di troppo. Poi l’attenzione si è spostata direttamente sul destinatario di questo gran polverone: colui che è inattaccabile sul piano del pensiero e della dottrina, un filosofo e teologo ben più arguto e profondo dei vari pensatori moderni, poteva essere attaccato solo sul piano personale, attraverso le insinuazioni infamanti e sbattute in prima pagina. Da qui il riesumarsi di uno scandalo vecchio quasi 50 anni, che utilizzando gli abusi pedofili di un prete tedesco, sta cercando di infangare tutta la Chiesa. L’obiettivo è chiaro: arrivare all’equazione sacerdote-pedofilo e delegittimare l’autorità del Papa, reo di aver taciuto e insabbiato vari casi. Dalla sua esperienza e sapienza bimillenaria, la Chiesa sa che al suo interno convivono santi e traditori del Vangelo. Essa è abituata al tradimento dei suoi uomini, anche tra quelli più importanti e fondamentali. Primizia in questo caso è il tradimento di Giuda, scelto da Gesù per essere tra i dodici apostoli, che vendette il Signore per 30 miseri denari. Ma anche lui era un prescelto, come gli altri 11 che poi hanno dato frutto, che morirono quasi tutti martiri e sono stati vivi testimoni del messaggio di Gesù. E poichè la Chiesa vive nelle sue membra la vita del suo Pastore, ancora oggi al suo interno c’è sempre un Giuda pronto a tradire la sua chiamata. Per questo gli scandali che succedono come disse Gesù, non devono sorprenderci e che sempre ci saranno, però aggiunse fermamente “guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!”, ricorda il Vangelo. La risposta del Papa è stata cristiana in modo esemplare: “Durezza con il peccato e misericordia con il peccatore”. I giacobini nostrani e quelli di oltremare, sempre pronti con le forche in mano a chiedere giustizia sommaria e addirittura dimissioni, come se il Papa fosse un funzionario delle poste, sono rimasti delusi e ancora più contrariati da tale risposta, continuano il loro attacco. A queste persone, figlie del ’68 e della libertà sessuale per tutti, bambini, anziani, animali, pervertiti fin dalla prima ora, non importa nulla di sradicare la pedofilia. Il loro è anelo di sangue, da cani idrofobi lanciano i loro documenti che non dimostrano nulla, se non la solita evangelica risposta della Chiesa. Di fronte allo scandalo, durezza per il peccato e misericordia per il peccatore: questo ai giacobini giustizieri non va giù. Nessun commento sul fatto che la totalità dei preti incriminati fosse anche omosessuale: il politicamente corretto non fa rima con la veritá delle cose. Nessuna parola sugli scandali sessuali dei rabbini newyorkesi; il cane non morde l’altro cane.

Che questo Papa non è simpatico è chiaro a tutti. Cerca di guidare la Chiesa alla luce della Tradizione e non solo del Concilio Vaticano II come vorrebbero molti dentro e fuori dalla Chiesa; è un pensatore lucido, è figlio della vera cattolicità tedesca. Inoltre non è mediatico, non fa ridere, la sua seriosità urta la sensibilità nichilista del divertimento e del piacere. C’è ancora una voce nel mondo che grida nel deserto, e questo è imperdonabile. Addirittura si è permesso di mediare con la Fraternità di Pio IX (antisemiti, ultra-tradizionalisti, gridano i soliti “pecoroni invigliacchiti”, per dirla come Don Bastiano del “Marchese del Grillo”), e di accogliere 50 sacerdoti anglicani nella Chiesa di Roma. E’ un Papa imperdonabile perché ancora lotta con il relativismo dominante, con l'assolutizzazione del piacere, con lo stile di vita di una società che è palesemente contro l’uomo e i suoi bisogni più profondi. Lo si è attaccato questo Papa, come ha detto giustamente Marcello Veneziani, con gli ultimi due tabú in vigore: il nazismo e la pedofilia. E i media ben proni rimangono tutti dietro a cavalcare l’onda giustizialista, ora contro il sacerdote pedofilo, ora contro la Chiesa come istituzione, ora contro il Papa. Senza capire che oggi l’unica barriera al pensiero edonista e nichilista è proprio in quella Chiesa che contestano, che con affanno la screditano con vani moralismi, chiudendo gli occhi di fronte alle tante magagne dei loro compagni liberal.

Dopo tanto pudore ed indignazione ci sarebbe da aspettarsi un giro di vite sulla pedofilia nei più svariati ambienti: nelle scuole, nel turismo sessuale, nell’esercito, negli uomini di governo. Però è scontato che questo non succederà: il loro scopo non è nobile, essi non vogliono combattere la pedofilia. Vogliono solo infangare, seminare odio e discredito. E la Chiesa può aver sbagliato per mano di uomini traditori e vigliacchi, di nuovi Giuda della storia, e mi sembra che non c’è timore ad ammetterlo, come dimostra la lettera del Papa ai cattolici irlandesi, ma non può cedere di fronte alla furia giacobina.
Da che parte viene questo attacco si scoprirà poco a poco: questo Papa è troppo scomodo per i liberal, troppo tradizionalista per molti cristiani, troppo ben preparato per i protestanti e troppo cattolico per gli ebrei. Il New York Times, mente dello scandalo, risponde ai poteri forti dei media, quelli giudeo-massonici che sono i più grandi nemici della Chiesa, che tanto ben si sposano con quel latente anticattolicesimo della sinistra liberal americana (qualcuno diceva che l'anticattolicesimo è l'antisemitismo dei democratici-liberal americani).

Per i poveri cristiani in preda al dubbio, e ai cattolici disorientati da questo scandalo, è utile la storia di San Francesco di Sales. Appena in seguito alla Riforma di Lutero, scaturita dallo sdegno provocato nel monaco agostiniano dalla dissoluzione dei costumi nella Chiesa di Roma (basti ricordare che il Papa aveva nove figli da sei concubine: anche qui vale notare che nonostante il peccato degli uomini, non è stato cambiato uno iota nel Magistero e nella Tradizione della Chiesa), il santo francese si diresse nei territori della riforma protestante predicando il vangelo e rischiando la propria vita. Quando gli domandarono cosa pensasse degli scandali dei suoi colleghi sacerdoti, spesso adulteri e viziosi, lui rispose:

“Coloro che commettono questo tipo di scandali sono colpevoli dell’equivalente spirituale di un assassinato, distruggendo la fede in Dio delle altre persone con il suo pessimo esempio – e poi aggiunse – però io sono qui tra di voi per evitarvi un male ancora peggiore. Mentre coloro che causano uno scandalo sono colpevoli di assassinato spirituale, coloro che accolgono lo scandalo, che permettono che gli scandali distruggano la propria fede, sono colpevoli di suicidio spirituale”.

Per ogni Giuda, ci sono 11 apostoli pronti a morire per la verità e per la fede. Agli amici che mi chiedono consiglio in questo tempo di tempesta, gli dico una cosa che mi sembra semplice ed evidente. La battaglia è appena iniziata e siamo ancora in un tempo di relativa pace. L’odio verso la Chiesa e i cristiani richiederà una fede certa e profonda. In tempo di pace i soldati affilano le armi e le baionette, cosi anche noi rafforziamo il nostro spirito nella fede e nella carità. Come ha detto il Papa nell’Angelus: “Da Dio viene la forza per non farci intimidire contro il chiacchiericcio delle opinioni dominanti”. Credo che dobbiamo chiedere una forza ben più grande, di quella necessaria per non farsi intimidire dal semplice chiacchiericcio. Questa gente non si fermerà con alcuni titoli di giornali né con inchieste all'ultimo scandalo: la posta in gioco è molto alta, richiederà probabilmente il tempo di nuovi martiri.