martedì 29 settembre 2009

La crisi è finita?




Non ci avrei creduto se non lo avesse detto quel genio di Bernake. Finalmente, affermava, la settimana scorsa, è molto probabile che la crisi abbia toccato il suo fondo (1). Non mancava di affermare che senza le sue iniezioni di denaro, la recessione avrebbe potuto essere molto più dura.
A questo punto sono due le cose: o Bernake mente sapendo di mentire, o è certo di qualcosa che sta per succedere che i più possono solo intuire. Non scartando l’ipotesi che sia un bugiardo o un incompetente, propendo più per la seconda. Come per la crisi del 1929, l’unica via di uscita per gli Stati Uniti è affrontare una nuova guerra, mondiale o globale, a seconda della dicitura.
Non sono bastate le due guerre al terrorismo globale, al fantasma di Bin Laden e ai cattivi talebani per dare la scossa alla crisi che stava arrivando.
Ad oggi, è probabile che nei piani alti di Washington, siano state scartate le varie opzioni economiche fino ad ora sul tavolo (salvataggi nazionali, piano Paulson, tasso di interesse ai minimi storici) e che la crisi sia sfuggita di mano agli stessi che l’hanno creata e sostenuta. L’opzione guerra all’Iran sta trovando sempre più consensi, contagiando anche Obama che finge di indignarsi di fronte alla scoperta del sito nucleare di Qom, che conosceva da tempo e che era stato denunciato a suo tempo agli ispettori dell’AIEA(Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica) dallo stesso Iran (2). Si cerca di coniugare i deliri ossessivi di Israele con la tentazione di un’altra guerra per cercare di uscire dalla crisi.

Nel frattempo il consumatore-cittadino americano (e anche quello europeo) ha davanti a sè una montagna di denaro creato dal nulla che dovrà inevitabilmente pagare con più tasse, che lo voglia o no. Per ultimo, Zapatero aumenterà l’’IVA dal 16 % al 18 %, rimangiandosi anche la promessa elettorale di detassare l’IRPF di 400 Euro.
In questi mesi la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea hanno regalato montagne di soldi alle banche, che se lo sono messe silenziosamente in tasca per sanare i loro bilanci e oggi sfoggiano felici i loro ricavi semestrali. Comprano pagine di giornali importanti, e si vantano dei loro grandi profitti in tempo di crisi. La realtà è che i bilanci da loro presentati sono stati trasformati magicamente dagli interventi statali e che pagheremo noi con un aumento graduale delle tasse, che si rivelerà insostenibile nel tempo in termini di pressione fiscale, inflazione, e disoccupazione. Forse spaventati dall’ottimismo di Bernake, altri organismi hanno, chi più chi meno, cercato di deviare il tiro, parlando la lingua meccanica dei burocrati: “Prematuro dire che la crisi è finita” (Trichet, BCE), “la crisi non è finita, ma c’è una luce in fondo al tunnel" (Strauss-Khan, FMI), “la recessione rallenta, ma la ripresa è vicina” (OCSE). Ognuno dice la sua, corregge le proprie parole, e commenta quelle degli altri, in una pantomima indecente. Eppure ci sono indicatori validi, analisti formati, proposte valide, ma i burocrati parlano un linguaggio tutto loro, lontano dalle persone e dai cittadini.

“Alla ricerca di un impossibile recupero” è il titolo dato agli analisti di Europe2020 (3), tra i primi a prevedere la crisi in corso. Le buone notizie che ci arrivano di tanto in tanto, sono il frutto del grande regalo fatto dagli stati nazionali alle banche che hanno causato la crisi. Nonostante la difficoltà di inquadrare il presente momento economico, a causa della manipolazione fatta con la grande liquidità monetarie introdotta nel mercato, stiamo vivendo l’impatto delle tre “waves rogues” (onde malvagie): disoccupazione, bancarotte e shock monetari, che si alternano asimmetricamente nel tempo. Si sta avvicinando a grandi passi l’inizio di bancarotte in serie e un sistema monetario non più agganciato al dollaro statunitense.


Anche un’altra bolla speculativa sembra sul punto di esplodere: è quella delle ipoteche Alt-A (Alternative A-paper), appena meno rishiose delle ipoteche subprime, che offrivano tassi invitanti all’inizio della contrattazione per attrarre i clienti (4). Basato sulla speculazione al rialzo del prezzo della casa, questo tipo di prestito è stato offerto a persone senza le garanzie necessarie per affrontare il debito, proprio come i subprime. Il rialzo del tasso d’interesse precedentemente conveniente ed attrattivo potrebbe essere letale per il 70% di questi titoli, provocando una nuova crisi finanziaria.

Siamo spettatori di un cambio epocale, della fine di un sistema economico e politico che si sta disintegrando giorno dopo giorno davanti ai nostri occhi, mentre i burocrati si affannano a coprire la tremenda realtà che hanno creato, sperando di far rivivere un paziente in stato vegetale, che non risponde a nessuno stimolo economico.

Il 1929 è in diretta, buona visione.

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sabato 26 settembre 2009

I regimi dell' oltre Dio, analisi e teleologia delle ideologie atee


PARTE QUARTA: IL LIBERALISMO

Il pensiero liberale ha un diverso approccio sulla questione religiosa rispetto alle ideologie totalitarie e questo indubbiamente gli ha permesso una convivenza pluricentenaria con le diverse fedi e, soprattutto in Italia ed in Germania, di dare vita ad una corrente politica, quella del cattolicesimo liberale, che ha governato il nostro paese dal dopo guerra fino agli anni ’90. Ma se il fascismo, il comunismo ed il nazismo dichiaravano chiaramente la loro volontà di creare l’uomo nuovo ed in questo trovarono il loro baratro, il liberalismo non profetizza niente, rimane ancorato al suo agnosticismo dogmatico dove tutto può essere possibile. Questa tipologia di approccio alla vita - nella sua totalità la vita vera - è ovviamente frutto di un pensiero debole, della sublimazione estetica ed ideologica di quest’ultimo. Il cuore del concetto liberale non è nelle idee liberali stesse ma è nel pensiero debole: cerchiamo di fare luce, reale, su questo aspetto. Il pensiero debole è un concetto creato dal filosofo contemporaneo Vattimo e nasce dall’intersecazione del pensiero di Nieztsche con l’ultimo Heidegger. Questi due nomi (legati indissolubilmente al mondo della cultura di destra radicale) potrebbero stupire se non riuscissimo a comprendere il legame profondo tra l’ideologia liberale e l’ideologia nazista, entrambe libertarie, basate sull’individualismo, con l’unica differenza di essere una l’estremizzazione dell’altra. L’ideologia individualista nel suo toto può essere divisa in tre parti: la sua parte “tollerante”, il liberalismo, la sua parte “pura”, l’anarchismo, la sua parte “intollerante”, il nazismo. Massimo esponente di questo continuum è il filosofo più importante dell’individualismo moderno: Max Stirner, ovviamente riferimento primario per liberali, anarchici e nazisti, che dichiara orgogliosamente:

"Io rifiuto un potere conferitomi sotto la speciosa forma di "diritti dell'uomo". Il mio potere è la mia proprietà, il mio potere mi dà la proprietà. Io stesso sono il mio potere... e per esso sono la mia proprietà ".

Dove finiscono queste parole? Se i poveri ultimi seguaci del nazismo e dell’anarchismo sono ormai parodie di loro stessi, i liberali oggi fanno "regime" di queste parole e sono l’unico pensiero accettato nella società di oggi.

“Io sono il mio potere”: proprio tutto il contrario dell’insegnamento di Nostro Signore Gesù che ci viene dato con il Vangelo. Esattamente il contrario della bellezza di donarsi, di amare, di fare una scelta forte. Un pensiero forte.

Rimanere chiusi dentro se stessi è la maniera più semplice di vivere o meglio di dimenticarsi della vita. Un pensiero debole.

“Io sono il mio potere” vuol dire privarsi della vita per egoismo e privare gli altri del proprio amore (eutanasia), vuol dire uccidere una persona perfettamente vitale perché è indesiderata (aborto), vuol dire amare se stessi utilizzando l’altro per il proprio narcisismo semplicemente specchiandosi (omosessualità), vuol dire rispondere al male con il male (odio).

E’ questa la società dell’odio, dell’odio tollerante.

Le persone diversamente abili non finiscono più nei campi di sterminio ma dentro ai cestini dei feti abortiti, non ammazziamo più i malati, gli diamo “la libertà” di uccidersi da soli; passiamo semplicemente dalla misoginia cattiva di Hitler a quella buona e mistificata del gay pride. “Io sono il mio potere”: è questo il monito della cultura liberale, molto simile al luciferino “Fa ciò che vuoi”. Noi cattolici però non dobbiamo cadere nella trappola dell’anti. Noi non siamo contro qualcosa. Siamo necessariamente per qualcosa. Siamo qualcosa.

“Noi insieme siamo il nostro potere”: Io sono con e per Te, quando ho la voglia di donarmi, di superare le nostre difficoltà, le nostre miserie. Non può esistere una vita senza l’altro, è l’altro il nostro potere se siamo capace di amarlo e noi siamo il potere degli altri quando ci amano.

Noi non siamo liberali, il nostro valore non è la libertà ma è l’Amore, il Dono, la Carità.

La Carità non avrà mai fine come afferma San Paolo. Solo se saremo Noi il nostro potere, non avremo mai fine.

giovedì 24 settembre 2009

Gerusalemme Est e il diritto della forza


La questione di Gerusalemme Est, ed in generale di tutta la West Bank (territori ad occidente del fiume Giordano) dimostrano tutto il disprezzo di Israele verso qualsiasi forma di diritto o norma che limiti e regoli le sue azioni. In questo senso, il diritto è nemico di Israele e Israele è nemico del diritto.

Dalla sua nascita, lo Stato di Israele non ha mai voluto fissare i limiti territoriali ad est. Dopo la guerra dei Sei Giorni, scattò l’annessione di Gerusalemme Est al territorio israeliano, sottraendola alla giurisdizione della Giordania. Vennero annessi 70 kilometri quadrati di alcuni municipi confinanti con Gerusalemme Est, oltre a 64 kilometri quadrati (con 28 villaggi annessi) nella West Bank, rispettivamente appartenenti ai municipi di Betlemme e Beit Jala (1). Una volta annesso il territorio bisognava renderlo ebraico: questo avvenne attraverso gli insediamenti dei coloni e con una politica discriminatoria verso gli abitanti palestinesi. A questi erano offerte due opzioni: o accettare lo status di cittadino israeliano, tradendo di fatto le proprie radici o divenivano “residenti permanenti” dello Stato di Israele. In pratica divenivano stranieri nella propria terra. Ai residenti permanenti non è concesso il permesso di lavoro (a meno di permessi speciali), non sono coperti dal servizio sanitario e non possono votare alle elezioni. La risoluzione 242 delle Nazioni Unite, che chiedeva il ritiro israeliano dai territori occupati, divenne lettera morta grazie all’interpretazione ambigua della versione inglese (le parole della risoluzione nel testo inglese, “withdrawal from territories”, non sono sembrate abbastanza chiare).

Per far capire la propria posizione, nel 1980 la Knesset, il Parlamento ebraico, ha emanato una legge che dichiarava Gerusalemme “capitale unita ed indivisa” dello Stato di Israele. In barba alle proteste di tutti gli Stati e al mancato riconoscimento, Israele lo considera ancora oggi territorio a tutti gli effetti israeliano.

Pochi giorni fa si è svolto un incontro a tre, tra Obama, Netanyahu e Abbas. La posizione americana è cambiata: dal congelamento delle colonie ebraiche si è passati ad una richiesta di rallentamento della loro costruzione (2). E’ un implicito riconoscimento a proseguire il piano di Israele di cambiare la geografia demografica della zona e di perpetuare l’occupazione. Solo la settimana scorsa, il 14 di Settembre (3) Netanyahu diceva che non avrebbe congelato gli insediamenti come richiesto da Obama. Appena una settimana dopo, anche il Presidente USA si è inchinato, e ha fatto marcia indietro, come dire…gentilmente potete frenare la costruzione di nuovi insediamenti?

La risposta israeliana non si è fatta aspettare. Ben 455 nuove case per i coloni ebrei saranno costruite nella West Bank (4), nonostante le proteste dell’Unione Europea, che definisce gli insediamenti “illegali secondo il diritto internazionale” (5). Il giornale Haaretz ha difeso i nuovi insediamenti affermando che sono vecchi cantieri, quindi legittimi. La destra religiosa incita il premier israeliano a non cedere nemmeno di un centimetro sulla questione degli insediamenti. Essi sono sacri, cosi come è sacro il suolo che si sta occupando. E’ tutto scritto.

Non fa niente che anche la Corte Internazionale di Giustizia abbia deliberato che gli insediamenti sono illegali, poiché costituiscono una violazione dell’articolo IV della Convenzione di Ginevra: essendo territori occupati è vietato trasferire una parte della propria popolazione in questi territori (6), ovvero i coloni.

Anche nella parte di Gerusalemme Est, sono pronti nuovi insediamenti (7), 104 lussuose case, con tutte le comodità del caso, per i fortunati coloni. Qualcuno dice non è legale? Sciocchezze. Anche questo è tutto scritto, aprite le sacre scritture.

La redenzione di Israele passa attraverso l’occupazione di terra, la prepotenza, la forza: è questo l’unico diritto che rispetta Israele.

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martedì 22 settembre 2009

La nuova febbre dell’oro

Ron Paul, il senatore repubblicano candidato alle scorse elezioni a Presidente degli USA ed evitato accuratamente dai media, si rallegra della situazione che sta attraversando l’oro. Il metallo giallo ha sfondato quota 1000 dollari all’oncia e molti analisti si chiedono se siamo di fronte ad una nuova bolla speculativa. Ron Paul auspica un ritorno all’oro come valuta di riferimento per arginare la speculazione finanziaria, dichiarando il prezioso metallo una valuta pacifica in quanto:

“La moneta solida è semplicemente ciò che è. Togliendo il potere del governo di manipolare la moneta, si rimuove la tentazione del governo di spendere, stampare e truffare. La moneta solida assicura che le priorità del nostro governo sarebbero messe a fuoco esclusivamente su quello che ci possiamo permettere. La moneta solida inoltre limita la capacità di generare guerre d’aggressione. Immagina come sarebbe attenta Washington nel cominciare una guerra se non avesse questi giochi di prestigio finanziari. La moneta corrente (fiat money) permette al governo di fare azioni di espansione che non potrebbe fare se dovessero pagare il debito con la moneta economica (cheap money). La Federal Reserve ha recentemente messo all’asta una grande quantità di buoni del tesoro per finanziare le guerre in Iraq e in Afganistan, insieme al nostro fardello che ci sta schiacciando. La conseguente svalutazione del dollaro sta velocemente erodendo la nostra immagine come un buon partner commercial nel mondo. Come conseguenza si parla maggiormente di isolamento economico e guerra”. (1)

Questa sarebbe stata una visione auspicabile da un Presidente degli Stati Uniti, che davvero avrebbe prodotto un change, non solo a parole ma con misure economiche reali e sostanziali. L’aumento dell’oro negli ultimi tempi è sintomo della mancanza di fiducia nei mercati speculativi e finanziari che hanno arricchito le banche come Goldman Sachs negli ultimi anni, da quando nel 1999 venne abolita la distinzione tra banche commerciali e banche d’investimento, creando un modello di banca universale che poteva speculare con i risparmi dei cittadini: l’abolizione della Glass-Steagal Act (1933) su pressione del mondo finanziario fu sciaguratamente opera di Bill Clinton e Robert Rubin (2).

Terminato il mercato della bolla immobiliare delle case, spolpato quello dei cereali, fallito quello sulle assicurazioni, può sembrare che la prossima grande speculazione sia nei confronti dell’oro, che toccando quota 1000 dollari per oncia ha oltrepassato una barriera psicologica, che non si toccava dal Marzo del 2008.


(3)

Le ragioni di questo rialzo sono varie:

1) Il fallimento dei mercati speculativi degli immobili, derivati, cereali, petrolio che periodicamente sono stati presi di mira dai finanzieri e dalle banche d’investimento.

2) Lo spettro dell’inflazione dovuta ai salvataggi bancari ha stimolato la ricerca sul mercato dell’oro, in opposizione alla caduta del dollaro.

3) Alcuni grandi paesi detentori di debito pubblico, come la Russia e la Cina hanno cominciato a cambiare le loro riserve in dollari per l’oro, comprandolo sul mercato.

Proprio quest’ultimo punto suscita molta preoccupazione, considerando le dichiarazioni che vengono da Pechino, disposto a comprare la grande quantità di oro messo sul mercato dal Fondo Monetario Internazionale, calcolata in 13 mila miliardi di dollari in oro, ovvero 403,3 tonnellate d’oro (4), oltre alle 452 tonnellate già accumulate dal 2003. La Cina è del tutto cosciente che in questa maniera può alterare il mercato dei prezzi arrivando a danneggiare anche se stessa. Per questo procede con cautela all’acquisto, evitando bruschi rialzi. Se anche la Cina, maggior creditore al mondo del debito statunitense, ha fretta di lasciarsi alle spalle le montagne di dollari accumulati in questi anni, significa che il punto di rottura della moneta USA non è lontano. Si è innescato un circolo vizioso, che più si compra oro, più il valore del dollaro scende, facendo aumentare l’inflazione causando il deprezzamento delle monete correnti (fiat currency).

Con i tassi d’interesse prossimi allo 0%, l’oro diventa conveniente tanto nei periodi di deflazione (passato-presente) che di inflazione (futuro molto prossimo). Piuttosto che tenere i soldi in banca mentre vengono erosi dall’inflazione è più conveniente investirli in oro che ha un valore intrinseco, autoreferenziale, non come le monete e le banconote che dipendono dalle fluttuazioni dei mercati.

Sembra davvero che l’oro sia oggetto di una nuova speculazione. Ci si può consolare che questa sarà l’ultima del ciclo che stiamo vivendo e sarà quella definitiva, dato il valore “ultimo” dell’oro: chissà ci avviciniamo al destino della Repubblica di Weimar, quando era più conveniente bruciare le banconote che comprare la legna per riscaldarsi. L’analisi del Professor Antele Fekete, è ancora più allarmante: ritiene che l’oro sia entrato in una fase che definisce di backwardation. In condizioni di normalità l’oro si comporta come un metallo contango, ovvero che il suo prezzo futuro è maggiore del suo prezzo immediato (a causa dei costi di trasporto, deposito, di cambio). Il Professore ritiene che il 2 Dicembre 2008, il metallo giallo iniziò ad essere in situazione di backwardation, ovvero che:

“(...) esiste una scarsità sicura nell’offerta delle forniture, una carenza dell’oro monetario oppure che i compratori non si fidano che nel futuro si possa consegnare questo oro fisico (…) in questa situazione (backwardation) affinchè mi consegnino una oncia d’oro oggi dovrei pagare, supponiamo, 1.000 dollari, mentre se me lo dovessero consegnare tra due mesi dovrei pagarei una quantità minore, 900”. (5)

Il rischio di una situazione del genere, è semplicemente la rottura del sistema dell’oro, diventando irreversibile fino a che non cambi completamente il sistema monetario.

Forse ha ragione Roubini quando dice che è la recessione a tenere calmo il prezzo dell’oro. Pochi acquisti, disoccupazione, salari bassi, e quindi prezzi ancora da deflazione. Anche l’oro potrebbe essere oggetto di questa deflazione, mantenendo il suo prezzo relativamente basso. Sarà la recessione a salvarci?

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1)http://www.ronpaul.com/2008-09-16/ron-paul-on-gold-and-sound-money/

2)http://en.wikipedia.org/wiki/Glass-Steagall_Act

3)http://www.kitco.com/scripts/hist_charts/yearly_graphs.plx

4)http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=newsarchive&sid=aklIw7I0Di8k

5)http://www.libertaddigital.com/economia/fekete-la-desconfianza-en-el-dolar-causara-un-colapso-monetario-1276371050/

domenica 20 settembre 2009

A Gaza è morta la giustizia


In un celebre film, Alberto Sordi faceva suonare a morto tutte le campane di Roma contemporaneamente. La sua spiegazione davanti al Papa fu che era morta la giustizia. Su ciò che è successo a Gaza e sulla sua reale situazione attuale, oggi non ci sono campane né titoli di giornali, tantomeno dibattiti costruttivi nella carta stampata come in televisione.

Le notizie che filtrano sono opera di organizzazioni coraggiose, testimonianze individuali ed agenzie di stampe indipendenti. A Gaza, nonostante non si sentano campane, la giustizia è morta tra il 2008 e il 2009, nell’attacco proprio nel giorno di Santo Stefano. Nella notte tra il 26 e il 27 Dicembre, i rabbini studiando le sacre scritture trovavano un cavillo tecnico per autorizzare le bombe israeliane a riversarsi su Gaza nel giorno dello Shabbat. Bisogna sapere che ad un pio ebreo non è lecito neanche accendere un fuoco nel santo giorno del sabato. L’eccezione però è valsa per accendere i motori degli aerei e riversare il fuoco sulla Striscia di Gaza. Relatività ebraica. Le bombe uccidevano persone e uccidevano la giustizia, senza fare distinzioni.

Il senso di giustizia, poi entrato come norma nel diritto internazionale e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, è nel mondo occidentale, quell’insieme di principi e norme che hanno fatto da Roma in poi, la base del diritto in Europa. L’habeas corpus, la condizione di innocenza fino al giudizio definitivo, una pena riabilitativa e non solamente punitiva, misure giudiziarie umane, il riconoscimento del nemico come essere umano: insomma un sentimento diffuso di umanità, che il potere centrale amministrava al posto del cittadino colpito.

Già quando Colin Powell mostrò all’ONU una boccetta di antrace e alcune diapositive satellitari per giustificare l’attacco all’Iraq nel febbraio del 2003, si capì che della giustizia era rimasto ben poco. Le prove si rivelarono false, ma ormai l’attacco era iniziato: in seguiti si scoprirono torture, si sganciarono bombe al fosforo e si attuò una strategia del terrore che di umanità ha ben poco. Lo spettro della guerra preventiva era entrato nel diritto internazionale: in principio qualsiasi Stato poteva fare guerra ad un altro, secondo le sue supposizioni o fonti di intelligence, senza consultare la comunità internazionale.

Il punto più basso della storia del diritto internazionale moderno si è toccato con l’attacco di Israele alla striscia di Gaza. Questo è avvenuto senza preavviso, senza resa, senza appoggio internazionale, senza rispettare la Convenzione di Ginevra (1): una follia assassina si è riversata in quasi quattrocento chilometri quadrati e in tre settimane ha cercato di dare il colpo di grazia ad una popolazione di un milione e mezzo di abitanti. Come per le smoking gun di Saddam, doveva essere un’operazione chirurgica: stanare i lanciatori di Qassam e tornare al confine del suolo sacro. Si è rivelato un massacro: in tre settimane sono morte 1387 persone, di cui solo 330 erano combattenti. Il resto erano civili, perlopiù donne e bambini, vittime di un tiro a bersaglio dei soldati israeliani (2). Non bastava tenere una popolazione alla fame, senza elettricità, aspettando che le scorte di medicinali e di cibo si esaurissero lentamente: bisognava umiliare e condannare definitivamente quella lingua di terra, sradicare ed annientare qualcosa di più profondo che la vita delle persone. La posta in palio era l’annientamento di una coscienza di popolo, della libertà e del sentimento della giustizia. Bisognava fare terra bruciata, Gaza delenda est nell’ideologia talmudica di Israele. Come nella narrativa biblica, i popoli limitrofi che resistono al potere degli eletti, devono essere annientati, invocando il Dio degli eserciti per riuscirci. L’Antico Testamento per gli ebrei è in corso in questi anni, sta “succedendo”; tutto intorno ad Israele è popolato da Amorrei e Filistei. Contro di essi non deve esistere pietà.

L’associazione Breaking the Silence lavora da tempo per documentare le angherie e i soprusi che i soldati israeliani ogni giorno riversano sui palestinesi. Yehuda Shaul, ex soldato israeliano più volte arrestato per la sua attività e oggi presidente dell’organizzazione rivela:

“In Israele si entra nell’esercito a 18 anni perché vuoi lottare contro il nemico del tuo paese, perché vuoi lasciare un’impronta nella storia e fai quello che ti dicono, senza pensare. E tutto lì ti aiuta affinché tu non possa pensare. Missioni da compiere, ordini da seguire. E non vedi ai palestinesi come esseri umani, li vedi come animali. Entri nella loro casa di notte, li svegli con delle urla, agli uomini che sono lì e rompi tutto. Sono cose che non faresti qui in Israele. E per poterlo fare, neghi la realtà. E’ l’unica forma. Crei tra te e la realtà un muro di silenzio (...) oltretutto sei giovane e inizia a piacerti questo potere, che la gente faccia tutto quello che tu dici. E’ come un videogioco (...) I check point non servono a fermare i palestinesi che entrano in Israele, sono creati affinché la realtà non entri in Israele. Perché questa è una società di soldati (...) per questo esiste il muro di silenzio, di negazione, perché tutti siamo responsabili e non lo vogliamo ammettere”. (3)

Israele è entrato a Gaza senza neanche una minima dichiarazione di guerra, senza avvisare la popolazione, senza fare distinzioni tra civili e militanti, abusando della forza militare schiacciante che possiede e andandosene dalla Striscia senza un comunicato, una parola, un trattato. Come dire, noi torniamo quando vogliamo, per voi abitanti della Striscia non ci sarà pace e ogni volta che vorremo entreremo senza chiedere il permesso, in quella che non è la vostra casa, ma solo un territorio occupato da animali. E’ ciò che si chiama governare con il terrore, con il rumore dei jet che passano rompendo la barriera del suono producendo un rumore simile allo scoppio di una bomba, con la somministrazione con il contagocce di medicine, cibo, acqua ed elettricità, con le bombe che cadono periodicamente. Sempre con la minaccia che da un momento all’altro l’offensiva possa tornare a pieno ritmo. Senza contare l’uso della forza indiscriminato, le vessazioni, i soprusi, e tutto il dolore lasciato alle spalle dalla gita di fine anno dello Tsahal. Una nave carica di aiuti umanitari, medicinali, cibo, giocattoli, la Spirit of Humanity ogni volta che tenta di avvicinarsi alle coste di Gaza, è braccata dalla Marina militare israeliana che la allontana con spari e minacce, impedendo il rifornimento della popolazione. Nel Talmud si spiega tutto questo:

"Dalla nascita, l'israelita deve cercare di svellere gli sterpi della vigna, cioè sradicare ed estirpare i goim dalla terra, poiché non può essere data a Dio Benedetto maggior letizia che quella di adoprarci a sterminare gli empi e i cristiani del mondo.” (Talmud, Sefer Israel, 180)"

Questa notte finisce il Ramadan islamico, il mese del digiuno. Per Gaza il Ramadan dura da tre anni e continuerà fino a quando Israele lo vorrà.

Per questo è la fine del diritto, la fine della giustizia.

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1)Per maggiori informazioni sulle armi proibite, sul trattamento dei prigionieri e dei civili in guerra, consultare: http://www.supportgenevaconventions.info/

2)http://www.tercerainformacion.es/spip.php?article10011

3)http://www.institucional.us.es/marco/palestina/docs/confesiones.pdf

venerdì 18 settembre 2009

I regimi dell’oltre Dio, analisi e teleologia delle ideologie atee


PARTE TERZA: IL COMUNISMO

L’ideologia comunista si professa come completamente atea, a differenza delle ideologie di estrema destra dove l’idea del divino è funzionale al raggiungimento di una idea superomistica, di uno slancio (nel vuoto) per raggiungere l’individualità assoluta. Dio viene considerato come una sovrastruttura prodotta dall’ingiustizia sociale (sic) , in ultima analisi uno strumento per garantire la sottomissione della popolazione povera. L’inconciliabilità di ogni forma di spiritualità con l’ideologia comunista è descritta in maniera perfetta da uno dei massimi esponenti del marxismo, Bucharin:

“In pratica il comunismo non è compatibile con la fede religiosa. La tattica del Partito comunista esige dai suoi membri un certo tipo d'azione. Pure la morale d'ogni religione comanda ai suoi credenti una certa condotta (un esempio della morale cristiana: "Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgi anche la sinistra"). Fra le direttive della tattica comunista e i comandamenti della religione, il più delle volte, sorgono contraddizioni incompatibili.”

I regimi comunisti, fedeli a questi principi, hanno applicato la discriminazione sistematica di ogni fede e di chi la professava a volte in termini più leggeri come nella Germania dell’ est a volte in maniera disumane come nell’Unione Sovietica staliniana. La miseria a cui il comunismo ha condotto tutte le persone che lo hanno vissuto e subito non è soltanto economica ma in primis umana in quanto puntava alla riduzione dell’essere vivente ad un ingranaggio che rimane condannato alla mediocrità, all’uguaglianza coercitiva, alla tristezza. Caratteristica fondamentale per il comunismo è l’abbassamento della persona fino alla condizione animale, l’eliminazione sistematica di ogni talento, di ogni sogno, una soppressione nel grigio per chi rimaneva prigioniero di quel sistema. Paradossalmente il comunismo è una delle più grandi dimostrazioni dell’esistenza di Dio in quanto rappresenta l’eliminazione di tutte le caratteristiche che fanno l’essere vivente degno di questo nome: l’arte classica, l’onore, l’amore, lo slancio romantico, la fede, il talento e “la differenza”, tutto ciò che ci innalza, e che ci , appunto, differenzia gli uni dagli altri.

Un’ applicazione reale di ciò che sarebbe l’uomo ancorato al suo punto zero , alla sua miseria.

Il comunismo per questo è ideologia popolare e di facile assimilazione per la massa in quanto niente è più facile per l’uomo della mediocrità, dell’ignavia, del disonore: quella che io chiamo la falsa libertà, la libertà verso il basso, verso l’equiparazione dell’uomo con l’animale. Per questo l’ideologia comunista piomba nell’apatia dei palazzoni grigi di Berlino Est, nella birretta del dopo-lavoro dell’operaio ligio al suo dovere, nell’apatia sessuale o nella perversione, nel rifiuto totale dei sentimenti.

Col comunismo l’uomo è tranquillo, non potrà mai cadere perché non vorrà mai volare e finisce protagonista di un "grande fratello" che non assume le sembianze ridicole di quelle di oggi ma quelle da incubo dei regimi passati e presenti.

martedì 15 settembre 2009

Spagna, oggi


Mentre si avvicina a grandi passi la crisi più dura dai tempi della guerra civile, la Spagna sembra interessata ad occuparsi di ben altre cose. La crisi spagnola non è solo economica. Naturalmente gli ultimi mesi hanno messo a dura prova il sistema spagnolo e ancora il punto di inflessione più basso è lungi dall’essere arrivato. Il vero problema è che la Spagna ha smesso di essere la Spagna, si è allontanata dal suo destino di nazione, e come tale ha cominciato un lento declino inesorabile. In questo senso una nazione che lascia il suo destino è una nazione che è destinata prima o poi a soccombere o peggio ancora di implodere dalle sue viscere. Quello che succede alla Spagna è che essa ha perso la sua missione educatrice: per secoli è stata il primo avamposto occidentale in America e fornace di pensatori e filosofi. Lasciando da parte la cosiddetta leyenda negra, la missione spagnola in America fu una missione di educazione. Che poi singoli personaggi e capitani di ventura abbiano saccheggiato e lasciato scie di sangue dietro di se è un discorso a parte. L’idea di fondo dei Re Spagnoli si incarnò nelle missioni gesuitiche con gli indios. In quelle missioni c’è tutto il destino della nazione Spagna.

Gli ultimi anni di crescita esponenziale da parte della Spagna ha illuso i partitari del modernismo. L’apertura ai mercati, al credito e al liberismo terminale, ha fatto crescere la Spagna come nessun altro paese dello spazion economico europeo, segnando quasi un 4 % di crescita annuo tra il 1998 e il 2007, contro la media del 2% della UE. Soprattutto il mercato immobiliario era il traino dell’economia crescente. Mentre l’economia andava a gonfie vele, il governo Zapatero legalizzava i matrimoni tra persone dello stesso sesso, l’aborto libero e divorzi express, relegando sempre di più la Chiesa come una organizzazione non governativa tra le altre. Era il trionfo del modernismo, milioni di immigrati entravano in Spagna per guadagnare ciò che nel proprio paese sarebbe stato impossibile in una vita intera, la società era felice della sua liberalità ed avanguardia modernista. Naturalmente non mancava la preoccupazione dei più indifesi, con l’estensione dei diritti umani verso gli scimpanzé e le scimmie, attraverso il progetto “Gran Simios”. Il deputato socialista Francisco Garrido difese la legittimità della legge dicendo: È tipico delle persone di buona famiglia essere orgogliosi delle proprie origini”. (1)

Coloro che si mostravano preoccupati per la crescita anomala e il cambio dei costumi, erano bollati come “profeti di sventura”. Investimenti, crediti, lavoro, rate, mutui al 110% e anche al 120% del credito della casa apparivano sulle vetrate di tutte le maggiori entità finanziarie del paese. Accanto a questo una buona legge della memoria rigettava il franchismo come male assoluto, segnando la pietra tombale sulla coscienza di un passato condiviso, riaprendo una ferita mai veramente cicatrizzata a colpi di macete. Zapatero dopo essersi sbracciato con la BCE affinchè essa tagliasse i tassi di interesse, definendo criminale la politica monetaria della Banca Centrale si ritrova con i tassi al 1% e le banche che ancora offrono tassi al 6% e che neanche tra loro si fidano a prestare denaro. I dati sulle perdite reali del sistema bancario spagnolo sono ancora tutte da decifrare, mentre aumentano i ritardi e le sospensioni nei pagamenti mensuali dei mutui, a causa della cassa integrazione e della crescente disoccupazione (2). Il “paro”, dopo un breve flessione si sta avvicinando al 20% e il numero di disoccupati a 4 milioni e mezzo: in un anno fino ad oggi sono stati distrutti 620.000 posti di lavoro (3). Scenari da recessione decennale si avvicinano sul panorama spagnolo, incapace di uscire dal meccanismo imposto della banca centrale di introdurre maggiore liquidità sul mercato, regalando in questo modo denaro alle banche che lo mettono da parte per tappare i buchi dei loro derivati tossici.

In uno scenario cosi, un paese dovrebbe ritrovare la propria indipendenza e sovranità economica, richiamare la popolazione al sacrificio, nazionalizzare le banche con un colpo di mano, vietare il credito frazionale, ricorrere a prestiti statali agli imprenditori e commercianti in difficoltà. Dovrebbe insomma ridurre il particolarismo e le spinte regionali per uscire insieme dalla crisi. Richiamare ai valori del sacrificio, della solidarietà, del mutuo soccorso.

Proprio per questo si è deciso andare avanti con un progetto di legge dal nome indicativo di “Legge de la libertad religiosa” (4). Si prospetta l’eliminazione di ogni simbolo religioso, ovvero il Crocifisso da ogni luogo pubblico per non urtare la sensibilità di chi non crede..

E’ il politicamente corretto al potere: con queste basi, la caduta sarà assai dolorosa.

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1)http://www.proyectogransimio.org

2)http://www.elmundo.es/elmundo/2009/09/09/suvivienda/1252507347.html

3)http://www.cotizalia.com/cache/2009/09/11/noticias_55_destruiran_doble_empleos.html

4)http://www.diariocritico.com/2009/Agosto/andalucia/169705/velo-cruz-junta.html


lunedì 14 settembre 2009

I regimi dell’oltre Dio, analisi e teleologia delle ideologie atee


PARTE SECONDA: IL FASCISMO

Il movimento fascista nasce nel ‘19 come radicalmente anticlericale, riprende le tematiche marxiste nell’organizzazione dello Stato in rapporto con le confessioni e le istituzioni religiose. Infatti proponeva a chiare lettere nel suo manifesto programmatico “il sequestro (confisca) di tutti i beni delle congregazioni religiose e l'abolizione di tutte le mense vescovili che costituiscono una enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi”.

Al contrario di quello che si è solito pensare comunemente Mussolini era ferocemente ateo (“Se Dio esiste gli do 10 secondi per fulminarmi, in caso contrario non esiste” una tra le tante frasi significative del suo pensiero) per poi avere una conversione, mai troppo documentata, negli anni della grande guerra. Nonostante queste caratteristiche fondamentali non si può definire il Fascismo come ateo in quanto rimane ancorato un passo prima del narcisismo, della “rivoluzione culturale”, del rifiuto della cultura classica : non cade in questo vuoto come il nazismo.

Come fenomeno complesso possiamo individuare 3 tipi di relazioni dell’ideologia fascista con la fede, il divino, il soprasensibile. Il primo è sicuramente quello figlio della carta del '19, quindi agnostico, avverso alla Chiesa, libertario: questo spirito non morirà mai e rimarrà come substrato nel regime seppure affogato dal concordato e dal totalitarismo imperfetto che doveva fare i conti con l’autorità del Papa e del Re; diciamo è questa la relazione più autentica del Fascismo con il fenomeno religioso che avrà il suo apice nella Repubblica di Salò quando Mussolini libero dai vincoli con la Chiesa riproporrà le tematiche del ’19.

Il secondo è quello del fascismo regime che accoglie la tradizione cattolica dentro di sé come componente essenziale della cultura romana e classica e come motore centrale della rinascita della nazione italiana. Elemento fondamentale di questa concordanza fu il fratello di Mussolini, Arnaldo, cattolico fervente, che condizionò non poco il duce in questo cambio di rotta.

Il terzo è il fascismo mistico, che unisce le due anime sopraccitate, in un unico continuum di religiosità e superomismo (tratto essenziale del superamento di Dio ): quasi sconosciuto al popolo che continuava a beneficiare di una educazione cattolica mista al nuovo ordine fascista, fu invece caratteristica determinante per i fascisti irriducibili come Pavolini, Stefanini e Giani.

Di queste tre correnti rimane ancora oggi la traccia e la spaccatura nel movimento neofascista preso nella sua completezza: basti pensare alla incomunicabilità tra i due movimenti più importanti dell’area, Forza Nuova e Fiamma Tricolore, divisi proprio dalla questione religiosa, cattolici tradizionalisti i primi, anticlericali i secondi, sebbene la distanza dopo l’uscita dal partito del movimento di Casa Pound sembra essersi attenuata.

Questo anticlericalismo sembra essere in ascesa nel movimento giovanile neofascista considerando le posizioni sull’eutanasia, sulle dichiarazioni del Papa in materia di sessualità ed altre tematiche etiche che caratterizzano uno sfondamento a sinistra e laicista dell’estrema destra giovanile.

giovedì 10 settembre 2009

La distanza tra ebrei e cristiani: una visione storico-teologica


L’esistenza del popolo ebraico rappresenta ancora oggi per tutti i cristiani un ‘anomalia che non può lasciare indifferenti. Da sempre i Padri della Chiesa videro in questa provvidenziale presenza, un disegno di Dio: essa rappresentò la testimonianza storica che il popolo cristiano non creò dal nulla la storia della Salvezza, poiché è documentata nel presente dalla stessa esistenza del popolo ebraico.

Nonostante ciò il popolo ebraico rappresenta ancora un mistero nel piano di salvezza pensato da Dio: San Paolo arriverà ad esclamare proprio scrivendo su questo disegno divino: “Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!. L’unica cosa che ci è data sapere è la profezia di San Paolo circa la loro conversione a Cristo in prossimità della fine dei tempi, più volte ribadito anche da San Agostino e San Tommaso d’Aquino.

La storia conosce un grande spartiacque nel momento della morte di Gesù. Una parte del popolo ebraico crede che Gesù è il Messia, un’altra parte lo rifiuta. Coloro che lo accettarono saranno chiamati successivamente cristiani, coloro che lo rifiutarono sono gli ebrei di oggi. La questione dell’Allenza divina con il suo popolo ha alzato vari dibattiti teologici. La cosiddetta “teologia della sostituzione” è stata accolta dalla Chiesa fin dal principio: il nuovo Israele è il popolo cristiano, erede delle promesse di Gesù, l’antica alleanza veniva revocata, a causa dell’infedeltà dei giudei (questa visione è stata messa in discussioni negli ultimi decenni, frutto di un senso di resa di fronte al crescente potere ebraico).

Nel momento della morte di Gesù, il velo del tempio si squarciò in due, sancendo la fine della presenza divina nel tempio ebraico. Il velo separava l’assemblea dei fedeli dal luogo del Santissimo, presenza reale di Dio con il suo popolo. Con Gesù, Dio entra nel mondo, si fa vivo nella conversione dei pagani, si fa carico del destino dell’umanità in maniera completa, indicando la strada della Redenzione, incarnata nel Figlio.

Oggi questa Presenza Reale, concetto estraneo alla tradizione protestante, vive e continua nascosto nel Tabernacolo di ogni Chiesa Cattolica, presenza umile, dimessa e potente, diventando il compimento della promessa di Gesù quando disse “Io sarò con voi fino alla fine dei tempi”. Il passaggio dall’ebraismo al cristianesimo è il passaggio dalla legge mosaica, fatta di osservanze e rituali, all’unica legge dell’amore e della carità fattasi uomo con Gesù.

I rami secchi dell’olivo (simbolo del popolo di Dio) vennero recisi, come racconta San Paolo, per innestare sull’olivo il nuovo popolo cristiano, erede dell’unica alleanza salvifica. San Paolo ancora ammonisce nel non fare di questa condizione un orgoglio e un motivo di vanto nei confronti dei rami recisi, ma di accompagnare con misericordia coloro che un giorno rientreranno nell’Alleanza. E’ addirittura disposto ad offrire se stesso per la loro conversione:

“Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne”.

Dopo la distruzione del velo del tempio, venne la distruzione del tempio stesso nell’anno 70 a.C, che porterà alla diaspora ebraica in Europa e in Oriente. Nascerà in questo contesto il Talmud, la raccolta degli insegnamenti rabbinici sulla Sacra Scrittura.

E’ assai difficile trovare una copia del Talmud, ben tradotta e completa in tutte le sue parti. Ricordo che una volta nel museo sefardita di Toledo chiesi se nella libreria del museo fosse disponibile una copia del Talmud e l’impiegata mi guardò stupita: “Ma il Talmud non si vende!”.

Un sacerdote cattolico di nome Pranaitis nel 1892 analizzò il Talmud in relazione al Cristianesimo. La quantità di passi ostili al cristianesimo e ai gentili non si possono enumerare in questa sede, ma impressiona la ferocità delle accuse e la bassezza degli impropri con i cristiani, il Cristo e i dogmi del cristianesimo. I cristiani sono idolatri, peggio dei turchi (Hilkoth Maakhaloth, cap IX), assassini (Abhodah Zarah 22), fornicatori (Abhodah Zarah, 15b), impuri ( Schabbath 145b), simili agli escrementi animali, non uomini ma bestie e peggio delle bestie stesse (Kerithuth (6b, p.78), figli del demonio (Zohar I, 28b), anime cattive ed impure (1).

Erroneamente si crede il popol0 ebraico legato ai libri del Pentateuco, quando in realtà oggi la propria credenza e la cultura del Talmud formano da secoli generazioni di uomini nelle yeshiva. La cultura ebraica e dello stato d’Israele affondano le radici nella raccolta delle discussioni rabbiniche, spiegando l’atteggiamento arrogante ed ostile verso ogni forma di pietà e di accordo nel conflitto arabo-israeliano.

Nel corso della storia, il popolo ebraico ha cercato il proprio messia, senza trovarlo, da Bar Kokheba al comunismo, fino ad approdare all’unica soluzione rimasta: farsi messia di se stessi. Il popolo ebraico e lo Stato d’Israele sono il nuovo messia, colui che costruirà l’ Eretz Israel (il Grande Israele) e finalmente dominerà il mondo. Era ciò che si aspettavano da Gesù che non volle scendere dalla Croce, nonostante la richiesta del sommo sacerdote. Gesù annunciava un regno dei poveri e degli aflitti, gli ebrei si aspettavano un regno di dominio e prepotenza. In pratica, con la nascita di Israele, inizia il compimento dellle profezie del Talmud:

“Il Messia darà ai giudei il dominio su tutto il mondo e a questo dominio cadranno sottomessi tutti i popoli" (Talmud di Babilonia - Trattato Shabb - Foglio 120, Col. 1)

"Il tempo del Messia sarà preceduto da una grande guerra, nella quale perirà due/terzi dell'umanità" (Abarbanel - "Masmia Jesùa" Foglio 49°)

Sembra rileggere la storia di Israele, scorgendo all’orizzonte l’attualità di Gaza. Per questo mi sforzo di criticare come oggi parlare di giudeo-cristianesimo sia incongruente, oltre ad essere un gran errore teologico. Per un cristiano non esiste più la differenza tra pagani, giudei e greci. Per un ebreo, il muro tra se e il mondo è invalicabile. Nel cristianesimo, si è tutti romani, tutti il genere umano gode della "cittadinanza", che è il titolo di figli di Dio.

Diceva bene Paolo di Tarso, mentre la lettera uccide, lo Spirito vivifica. E sempre, tra un ebreo e un cristiano, ci sarà sempre un Cristo di mezzo, che per quanto molti cristiani a tutti i costi ecumenici vorrebbero mettere da parte, non lo si può nascondere.

Torneremmo altrimenti, di nuovo ad essere farisei. Non saremmo più cristiani.

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1)http//www.biblebelievers.org.au/talmud1.htm

mercoledì 9 settembre 2009

I regimi dell’oltre Dio, analisi e teleologia delle ideologie atee


PARTE PRIMA : IL NAZISMO


Il ‘900 : il secolo in cui l’uomo ha provato ad uccidere Dio. Di tutte le frasi possibili sul secolo più importante nella storia dell’umanità forse questa è la più rappresentativa. L’ateismo indubbiamente parte da prima ma per la sua consacrazione ideologica dobbiamo aspettare il secolo delle “grandi” ideologie : nazismo, comunismo, fascismo,liberalismo ( sebbene questo parta da più lontano, ma qui considererò solo il suo sviluppo borghese-liberista ).

In queste quattro ideologie vediamo i diversi di tipi di ateismo realizzati in una forma statale sebbene il liberalismo sia più subdolo e si ricolleghi ad una visione privatistica di Dio, come se fosse possibile avere una luce e metterla sotto al tavolo.

Il nazismo, prendendo a piene mani da Niezstche, riconduce l’idea del divino “al più grande inganno perpetuato da Platone e dai suoi successori della scissione tra sensibile e soprasensibile” (Heidegger) : questa scissione è stata creata dalla mediocrità umana e solo alcuni eletti (l’oltre uomo) possono eliminare questa distanza congiungendosi all’idea di Dio che in questo caso è visto come potenza assoluta o volontà di potenza. Tutto questo può essere sintetizzato da un Julius Evola colto dai suoi bollori che scrive “…dell’ eliminazione della trascendenza tra uomo e Dio, fino alla congiunzione esatta tra uomo e Dio, un farsi divinità”. Il nazismo ideologia barbara ( nel senso storico del termine) più che un ateismo “completo” propone un misticismo narcisista frutto dell’unione tra antiche culture e religioni orientali, da cui ha preso completamente idee e simboli, e la tradizione pagana delle popolazioni nordiche. Evidente il rapporto tra questa ideologia ed il satanismo, l’occultismo, la perversione sessuale ( tutti i gerarchi nazisti avevano più di qualche vizietto.. ): a mio parere l’ideologia più anticristica della storia, imbevuta dell’immancabile (in questi casi) protestantesimo. Basta vedere la mappa dei consensi del partito nazista nel '33 su qualsiasi libro di storia e si troverà perfetta corrispondenza tra forza elettorale del partito del Führer e regioni a maggioranza protestante.

Concludendo posso affermare che più una ideologia mira alla “rivoluzione” sociale e culturale più si allontana da Dio. Come una vacanza, una bella ricreazione. Un’ uccisione perpetua dell’autorità, dell’ordine, in ultima analisi “della figura del padre” (Marcello Veneziani). Ma al contrario del divertente e bonariamente ridicolo ’68, qui l’assenza di Dio si è tinta di orrore in una maniera che solo i regimi comunisti sono riusciti ad eguagliare. L’analisi dell’ateismo “di destra” però non è completa senza la comprensione del rapporto fascismo-Dio che ho voluto accuratamente separare dal nazismo essendo riluttante all’equiparazione dei due termini ed anche fermamente contrario alla loro unione col trattino cara alla tradizione resistenziale.

martedì 8 settembre 2009

8 Settembre 1943-2009


La data dell' 8 Settembre è per l'Italia più importante addirittura del giorno in cui si dovrebbe festeggiare l'unità nazionale.

Credo che si possa considerare la fine dell'idea di nazione più storicamente rilevante della sua stessa unificazione, soprattutto per quanto riguarda le sue implicazioni sulla vita politica del presente e della sua influenza nella coscienza del popolo.

In quell' 8 Settembre è racchiusa tutta la storia d'Italia, fatta di traditori e voltagabbana, della sorpresa dell'ultimo minuto, dei patti mai rispettati.

La nazione che ne verrà farà santi coloro che lottarono contro l'invasore e accolsero i nuovi alleati, chiamando partigiani coloro che impugnarono le armi per difendere il suolo natio dalla barbarie tedesca. Questo è pressapoco il riassunto dei libri di storia che vengono studiati sui banchi di scuola, e la versione perlopiù condivisa dalla maggior parte della popolazione italiana.

Abbiamo fatto del nostro dramma nazionale il nostro trionfo. Finalmente, ci diciamo, in quell' 8 Settembre, il popolo italiano è rinsavito e si è lasciato alle spalle la pagina buia del fascismo, ottenendo la libertà che tanto agognava e la democrazia che tutti aspettavano. I calcoli però non sono andati proprio come si sperava: quella democrazia, che piaccia o meno, nasce sulla base del rifiuto della propria identità e sul tradimento. Solo in questo modo si capiscono gli ultimi 60 anni di storia italiana, fatta di Democrazia Cristiana, stragi, terrorismo di Stato, governi tecnici mai eletti e con pieni poteri, fino ad arrivare a Berlusconi. Colui che doveva essere l'uomo nuovo, si è rivelato perfetto continuatore della strategia del tradimento: niente da rimproverargli, se non l'aver sciupato la possibilità storica di recuperare il nostro destino nazionale, tornare ad essere davvero una nazione, con un destino di popolo, con un economia sovrana e una politica indipendente. Niente di tutto questo: la nostra economia è decisa da un organo non eletto, la nostra politica internazionale da Usa ed Israele, la nostra politica interna dai soliti trasformisti.

L'8 Settembre festeggiamo il nostro destino di morte, di un popolo che ha smesso di essere popolo, felici dei nostri campanilismi e delle nostre guerre intestine. Da quando Gianfranco Fini (degno erede dei voltagabbana) fece la gloriosa svolta di Fiuggi, tutto il mondo politico è d'accordo. La gloria appartiene a quell' 8 Settembre, quando il popolo rinsavì dal torpore fascista. Finalmente siamo liberi, possiamo esultare. Guardandoci alle spalle però, pronti a tradire di nuovo quando converrà e a venderci al migliore offerente, sperando nell'arrivo dello straniero, il nostro deus ex machina salvatore. Notate come oggi di nuovo la campagna anti-berlusconi viene dal di fuori. Giornali di lunga data, The Economist, il New York Times, Le Monde si dilettano in continui attacchi al nostro governo, e noi scodinzolanti aspettiamo il nuovo Napoleone che venga a liberare il nostro suolo. Alla fine è quello che ci meritiamo, senza dubbio. E' curioso sentire le parole del Presidente della Repubblica, questa volta relegate in bassa posizione nell'edizione on line dei maggiori giornali che "la Resistenza ci ha ridato la dignità". Proprio lui che esultava da membro del partito comunista dei carri armati dell' Armata Rossa su Budapest, definendoli portatori di pace. Si capisce quale dignità ci abbia ridato.

Dice bene Bartoli ("L'Italia di arrende, la tragedia dell' 8 Settembre '43", Editoriale Nuova):

"Triste cosa è sempre la disfatta del proprio Paese anche per chi non abbia accettato le ragioni e gli scopi della guerra; ma la sconfitta diventa ancora più pesante se i vinti sono costretti a invocare la protezione dei vincitori di fronte ai propri alleati, come accadde agli italiani dell'estate del ‘43".

Dal nostro dramma nazionale abbiamo ricavato una letteratura variegata sull'antifascismo e i loro eroi: i partigiani. Ricoperti da questa aurea di santità ci guardano attraverso la storia, forse non capendo neanche essi stessi il loro strano destino. Tra questi voglio menzionarne uno: Umberto Fusaroli Casadei, capitano della formazione partigiana dell' 8° Brigata Garibaldi. Quando gli chiedevano se sentisse rimorso per le morti dovute alla sua ferocia e al suo zelo antifascista diceva spensierato, da buon toscanaccio:

"Provo a contare tutti quelli che ho ucciso con le mie mani, ma non riesco a ricordarmeli tutti, e allora mi addormento tranquillo"

Dante collocò i traditori nell'imbuto dell' Inferno, tra i peggiori peccatori: quelli della Patria restavano intrappolati nel ghiaccio. A imperitura memoria. Forse è questa la sorte che stiamo vivendo oggi.